Siamo decisamente dentro l’Inverno, la stagione che porta sosta, silenzio, fermarsi come la natura si ferma, attesa.
In immagine ho trovato una raffigurazione trecentesca dell’inverno, mirabile opera di Ambrogio Lorenzetti.
Per quanto la scarsa qualità dell’immagine che ho riportato consenta, è la raffigurazione di un uomo, come Re della Neve, ne è avvolto e ne ha fatto una palla.
Oltre la meraviglia della sintesi pittorica che sposa l’allegoria di un inverno caratterizzato da neve che fiocca tempestosa in grandi cristalli, possiamo vedere l’espressione dell’uomo:
treanquillo, sereno e forte, sguardo avanti deciso, imperturbabile.
Come l’inverno bianco o plumbeo si propone sempre al nostro immaginario, fin dal sussidiario di quando si era piccini.
Sul cappello è dipinta una corona, simbolo della regalità di una stagione che ci crea intorno una situazione di arresto dalle frenetiche consuete attività.
Uno stop alla fretta, al fare, in favore di un pensiero riflessivo, di un momento di riposo e di recupero.
Allegoricamente le immagini che nel tempo hanno voluto raffigurare la stagione invernale in modo antropomorfo, offrono allo sguardo l’idea di un vecchio che ha concuso il suo ciclo, come l’anno del calendario gregoriano ha concluso la sua corsa, momentaneamente.
Fermarsi a sentire ciò che finisce. Nelle festività del Capodanno si saluta il Nuovo che incalza più giovane e fresco, foriero di inizi e speranze.
Il Vecchio, archetipo che si incammina nella neve tormentosa, ha però il suo fascino se ci sappiamo fermare ad osservare i suoi simboli, i suoi colori, il suo significato.
Ci darà Forza da costituirsi piano piano durante i mesi, senza fretta.
Per chi può… un pochino quasi in letargo anche noi…