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Guerre

Guerra, venti di guerre spazzano le coscienze Occidentali lasciandoci interdetti, tra Stupor e rigetto, orrore e compassione per quanta violenza le cronache ci mostrano, non troppo lontano da riuscire a voltarci dall’altra parte.

Lasciando agli esperti di storia considerazioni geopolitiche complesse e articolate, proviamo a tracciare una linea di lettura psicologica, rispetto alla Coscienza collettiva che assiste orripilata alle violenze e all’inconsio collettivo che ha radici antiche.

Guerre, una lettura psicologica

Secoli indietro l’anticulturale mancanza di relazioni internazionali ha dato il via alla terrbile barbarie della guerra, rendendo imperante la violenza collettiva, richiesta e sostenuta dai Re e Principi, ragione di vita e di morte dei Guerrieri.

Morire aveva un valore che oggi non ci appartiene e anche Vivere poggiava su diversi cardini delle società.

Si affidava l’Anima a Dio e si percepiva di compiere azioni che trasformavano uomini in Eroi gloriosi, nel tempo degli Dei e degli Eroi.

“[…] Ma nemmeno Dio stesso può prosperare in un’umanità spiritualmente denutrita” scrive C.G.Jung nel 1936 e noi oggi?

Abbiamo avuto decenni tremendi dopo queste illuminanti parole, genocidi nel mondo intero, abbiamo scavallato il millennio mentre le giovanissime generazioni si agganciano ai feticci moderni nell’illusione di connessione con il Tutto.

La psiche femminile difronte a questa “fame” potrebbe reagire diversamente…

Ecco come reagisce il Femminile alle Guerre

mentre il Logos che pianifica, elabora strategie, programma sopraffazioni, conquiste sanguinarie a spese di altre anime, abbiamo Eros, il perenne Dio dell’Incontro e dell’avicinamento che sostiene la psiche femminile e forse la donna ha qualche attitudine in più o diversa per un grandioso compito culturale che potrebbe riportare alla luce valori sepolti.

Oggi le donne combattono in guerra, non in tutte le culture, probabilmente abitate più da Wotan che da Eros, volendo scomodare gli Dei.

Wotan, come tutti gli Dei è rappresentazione e figurazione di forze psichiche, che appartengono al mondo inconscio dell’umanità. E’ dio della Tempesta e dell’Ebbrezza che può restare a riposo per secoli ma sempre può ridestarsi, come un vulcano spento.

Questo Dio della Distruzione è fattore psichico ed emozionale che travolge le zone di alta pressione culturale, sottolinea ancora Jung, afferra e travolge il popolo che così entra in uno stato di furore.

Difronte all’incontro dell’uomo di oggi con un Dio tribale che respira attraverso le azioni efferate, vengono trascinate via come secche foglie tutte le bellezze che pure avrebbero potere di cambiare le cose, culturalmente molte cose…

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RELAZIONI ISPIRANTI

Relazioni Ispiranti sono tutte quelle che si percepiscono di alta qualità, con effetto positivo sul bnessere personale.

E’ fondamentale avere relazioni ispiranti.

Come riconoscere le relazioni ispiranti

il segreto è nascosto proprio nel nome, sono quei rapporti tra persone che lasciano un segno quando ci si incontra o ci si sente o si legge un messaggio che l’altro ci sta rivolgendo.

Chi riceve, a sua volta, un segnale di amicizia o di empatia, o di affetto sarà portato a prolungare, dentro se stesso, l’effetto di tale contatto.

Ricevere gentilezza o sorrisi ci farà sentire bene insieme all’altra persona e l’effetto positivo alla fine è automatico, come un riverbero di luce e di benessere che continua a colorare i nostri pensieri o le nostre azioni.

Ci sentiamo vicini, come se la relazione ispirante fosse riuscita a cancellare distanze, ad ispirare sentimenti ed emozioni di benessere.

Relazioni ispiranti inoltre sono quelle che suggeriscono qualcosa, virtuosamente contagiano e ci mostrano nuove vie, come può essere una passione a cui non avevamo pensato, un nuovo interesse, un hobby da sviluppare.

Le relazioni ispiranti annullano le distanze perchè restano in mente a lungo e positivamente, mantengono il contatto interiore con l’altro anche quando ci siamo salutati senza sapere quando sarà ppossibile ritrovarsi.

Le relazioni ispiranti non sono esclusivamente con altre persone ma sono il legame che ci ispira profondamente tra noi stessi e una situazione, o con oggetti a cui dedichiamo cure e attenzioni, con animali , con paesaggi, con la musica o con la natura. Con lo Spirito e con un ricordo, Con persone che non vediamo più.

Lasciamoci ispirare dalle relazioni che portano abbondanza e fanno sentire pieni ed appagati.

Mi viene in mente anche la relazione con se stessi: può essere ispirante?

A volte è necessario un lavoro di attenzione al Sè, di cura verso noi stessi, per afferrare e mantenere il nucleo di ispirazione che possiamo offrire a noi stessi, prima che agli altri.

Come fare questo lavoro?

L’analisi psicologica è una strada collaudata e sempre possibile, che conduce dritta al cuore di Sè, una meta di straordinario valore. L’orientamento suggerito da Carl Gustav Jung, lo psichiatra svizzero del secolo scorso, è una guida potente.

Unica tra le molte psicoterapie a indicare all’analista e alla persona che a lui si rivolge un sentiero da percorrere insieme incontrando antichi Miti da decifrare e rendere attuali attraverso i simboli di cui abbondano. Seguendo lo Spirito vitale di ognuno, ascoltando i sogni e i mancati sogni, percorrendo vie appartenenti al mondo delle immagini, interiori ed esterne.

Un viaggio unico, una relazione ispirante forse più di ogni altra per la profonda partecipazione del terapeuta che accompagna con appassionato impegno il suo paziente….

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Simbolo Jung

Simbolo Jung: una provocazione teoretica per proporre una visuale del grande psichiatra svizzero come simbolo.

Simbolo

Carl Gustav Jung, psichiatra svizzero che aveva 25 anni quando Freud pubblicò la sua Interpretazione dei sogni, nel 1900, noto per gli approfondimenti sulla psiche, è stato protagonista di un cambio di passo negli studi psicologici.

Uomo di rara erudizione e di profonda passione per il mondo della mente e i suoi misteri ha dedicato l’intera sua vita alla conoscenza nei più vasti campi del sapere.

fatti psichici

Questo nella convinzione che ogni segmento dell’esperienza umana sia di fatto un atto psichico, che non può prescindere mai dallo stato in cui si trova la mente. Stato assai variabile,come è nell’esperienza diretta ognuno.

Percorso affascinante per ogni persona che studia i fenomeni psicologici, i movimenti della psiche, gli sviluppi, le reattività e gli stati emotivi di benessere e di malessere.

E dunque Jung, grande conoscitore di simboli, comparsi in ere arcaiche al fianco dell’esperienza umana e compagni fedeli di ogni esistenza. Possiamo esserne consci oppure no ma i simboli catalizzano l’energia psichica e per questo possono attivare modifiche di pensieri o comportamenti.

Il fondatore della psicologia analitica, il nostro Jung, non è più in vita dal 1961, le sue scoperte sono ferme ad allora ma cariche di attualità senza tempp:

Questo proprio perché elaborate a partire da luoghi remoti, genti diverse, tempi ancestrali, convinzioni collettive, come i miti che hanno accolto proiezioni psicologiche per produrre un nuovo senso alle esperienze che apparivano inesprimibili.

I miti, le leggende, le religioni, raccontando una versione della storia dell’umanità ricca di spirito vitale e senso profondo di umanità, sono un’ossatura importante per la comprensione.

Jung stesso oggi, pur nella sua realtà storica, scientifica, sapienziale può essere pensato anche come un simbolo ?

Direi di sì, perchè solo la sua immagine o la sua figura complessiva di uomo e di studioso, ha la forza di evocare mondi.

Quali mondi?

Mondi dei recessi psichici, della mente inconoscibile, della potenza con cui la mente produce immagini e trasformazioni.

Mondi in cui la mente crea, scopre, risolve, genera, distrugge, oscura la lucidità e risplende.

Evocare tali mondi e molti altri è già il primo passo per comprendee meglio se stessi, gli altri e la magìa della Vita.

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GUERRA

Si sono sollevati venti di guerra anche in Europa, sempre più turbolenti e le popolazioni coinvolte direttamente ci fanno piangere.

Qualsiasi mente ragionevole era convinta che la Guerra non fosse pensabile, nell’Occidente ricco, evoluto, tecnologico, organizzato, dopo il 1945.

Leggendo Jung, che sulla guerra scrisse molte riflessioni di ampio respiro, condivido qui alcuni pensieri.

Jung ci lascia uno scritto sulla guerra nel 1936, quando venti di paura preannunciavano bufere di morte e scrive:

“Già la guerra tra nazioni civili era considerata quasi una vecchia favola; una simile assurdità sembrava sempre meno possibile in questo mondo ragionevole, a organizzazione internazionale”

e continua ricordando che quel che seguì alla prima guerra mondiale fu una “tragedia vera: crolli fantastici, mutamenti di carte geografiche, regressi politici verso modelli medioevali e antichi, Stati che ne fagocitano altri […] e per finire un’incursione piratesca intrapresa a cuor leggero ai danni di un pacifico popolo in via di sviluppo.

Wotan

Il pensiero che Jung ci offre, a cui anche oggi possiamo pensare per comprendere da un’angolatura diversa cosa sta accadendo, corre agli archetipi, all’inconsio collettivo, al dio Wotan, dio della Tempesta e dell’ebbrezza, da millenni a riposo ma improvvisamente ridestato, come un vulcano spento da anni.

Wotan era il dio nordico che suscitava litigi, un viandante senza pace che il cristianesimo trasformò nella figura del demonio.

Naturalmente oggi noi nel 2022, come già C.G.Jung nel 1936, crediamo di spiegare il mondo razionalmente in base a fattori economici, politici e psicologici ma la psicologia complessa di Jung alza lo sguardo alla prospettiva archetipica e il vecchio Wotan potrebbe essere la nostra ipotesi causale: una furia che sfugge ala logica consueta, che distrugge e devasta e uccide incurante di conseguenze e disastri che attraverseranno il mondo. Non è un fatto razionale o soltanto politico, la politica sono gli esseri umani, non è altro…

Ogni guerra, anche la più piccola guerriglia interna a piccoli mondi interni a continenti lontani è sempre segnata da devastazione incomprensibile e dolore per tutti.

In Europa tuttavia ne siamo più colpiti, non solo per la vicinanza ma per il crollo di paradigmi di ragionevolezza a cui ci eravamo abituati.

Wotan è una caratteristice della psiche e sparirà, forse anche tra millenni, quando i tempi gli saranno contrari…

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due figure stilizzate indicano le due persone nel colloqqui psicologico

psicologi in studio

siamo psicologi che non hanno paura, con le dovute e fondamentali precauzioni, di contagi dai nostri pazienti.

Siamo gli psicologi che vedono i pazienti nel giusto setting.

Gli psicologi che non sospendono le sedute e non fanno mancare ai pazienti il necessario senso di stabilità e di continuità.

Anche adesso ?

In questo momento più che mai.

crediamo nell’importanza del contatto diretto, di sguardi e di ascolti reciproci.

Ascoltiamo i pazienti, fiduciosi nella lunga tradizione della psicoterapia ormai di ben oltre cento anni.

Per questo sappiamo che la psicoterapia si fonda su alcuni criteri imprescindibili.

Primo tra questi il setting.

Che cosa è?

E’ l’assetto fisico e mentale che forma la cornice di ogni seduta e accoglierà le trasformazioni positive e salutari del paziente.

Se abbiamo studiato, ai tempi dell’Università, è facile che ricordiamo bene perchè il setting sia così basilare fin dall’impostazione di una psicoterapia scientificamente fondata.

La psicoterapia procede tra simboli e metafore e così forniscebl’aiuto a guardare la realtà con sguardo limpido.

senza restare offuscati dalle proprie proiezioni, meccanismi di difesa, alterazioni del proprio equilibrio.

Per favorire l’uscita dai problemi, accompagnati dallo psicoterapeuta, noi siamo psicologi che credono fermamente nell’importanza della relazione che si instaura tra il paziente e il suo psicoterapeuta.

E’ una relazione sottile e salda che non conviene a nessuno rendere fluida o forse “liquida” perche, esattamente al contrario, occorre che rimandi stabilità e continuità.

I mezzi cambiano, chi può negarlo, ma alcune cose, come il valore solido e direi anche adamantino della relazione psicoterapeutica non cambia.

Gli istanti di silenzio o di esitazione o di lacrima solo accennata, come i silenzi necessari e importanti, le emozioni, le rabbie furiose e silenti…

Non crediamo che passino sul web.

Passano tanti dati, troppi, parole, storie, racconti e proprio in rete, per le psicoterapie on line che vi ricorrono, la riservatezza come sappiamo non è proprio di casa.

Internet è il “luogo” più contaminato della tecnologia, si sa.

Proprio lì ci sembra adeguato accogliere il disagio psichico e la sofferenza dei nostri pazienti ?

Auspico un da parte degli psicologi un serio pensiero riflessivo.

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Analisi junghiana

Analisi junghiana… nell’analisi l’inconscio è sovrano, anche Woody Allen ironizzava che “l’inconscio ha più ragione della nostra ragione”.

L’analisi junghiana si è tirata fuori da un modello medico con il processo di individuazione che non è una “guarigione” ma una crescita emotiva.

E’ un monito perché l’analisi psicologica non si “riduca” alla sua dimensione clinica.

E il lettino, perchè?

Nella psicoanalisi di Freud è un classico ma nella psicologia analitica di Jung?

E’ una scelta possibile, se a giudizio del terapeuta possa giovare al paziente e in tal caso lo proporrà.

Il “lettino” permette di attenuare angosce, permette libertà al paziente e all’analista.

Anche SEPARA, mentre vis-à-vis si favorisce la regolazione affettiva.  La neutralità  dell’analista non è una deprivazione ma una frustrazione controllata, se utile.

Il Lettino permette la formazione del Sé accordando segnali diversi da quello visivo come nel neonato al seno materno, quando il Sé ancora è emergente.

Winnicott scrive della madre “sufficientemente buona” e si evoca il concetto di affettività che nell’antica cultura greca sottolineava diverse accezioni:

AMORE per i greci: eros amore sensuale che può capovolgersi nell’odio

Filìa è la tenerezza

Agàpe è la “caritas”, amore discendente, capace di volere il bene e dare.

L’amore innerva e sostanzia le azioni di accudimento – per Winnicott l’azione buona senza amore viene interiorizzata come vuoto (azione cattiva)

Bowlby ci parla di attaccamento sicuro o insicuro (quest’ultimo evitante, ambivalente) che non controlla l’angoscia di separazione.

Nell’analisi tutti questi aspetti trovano il giusto spazio, la parola, l’ascolto, la rielaborazione, la pace interiore, alfine.

Per Jung non è importante “tanto” la storia del paziente quanto la sua “visione del mondo” e capire le precondizioni che l’hanno costruita, alcune esperienze assumono tonalità affettive e risonanze diverse in base alla sensibilità di ognuno.

L’immaginazione attiva per Jung dà forma ai contenuti mescolati nella psiche

Con il processo di individuazione Jung si pone fuori del modello medico, non si parla di guarigione ma di crescita emotiva: non si torna come “prima” di ammalare ma si va oltre

Se la prima psicoanalisi freudiana tendeva a ridursi su una dimensione clinica di guarigione, si è arrivati ad una terapia della cultura, che è una rivoluzione irreversibile. Fa affacciare una dimensione interiore che tocca tutta la cultura, le espressioni creative, la letteratura.

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M. L. Von Franz

Su M. L. Von Franze si è tenuto poco tempo fa un convegno a Roma molto interessante.

Molto interessante per la partecipazione di studiosi della più celebre allieva di Carl Gustav Jung, arrivati a Roma dalla Svizzera, patria dei grandi della psicologia analitica.

Si celebravano i venti anni dalla scomparsa della  M.L.Von Franz ricordando i suoi punti salienti.

Il giornale Vogue le fece un’intervista ancora molto attuale e da questa riporto qualche stralcio illuminante:

 When Marie Louise Von Franz was an eighteen – year – old student, she met Carl Gustav Jung.

All she knew about him was that he was a famous psychologist.

What she knew of psychology  came down to the way a teacher had thought Hamlet with a freudian explanation and Faust with a junghian explanation.

A decisive turn into the conversation came when Jung told the group of student who’d come to see him about a female patient :

that patient had had a vision of being on the moon.

Questo incipit mi è parso alquanto sugestivo e volentieri riporto qalche altro brano dell’intervista, per gentile concessione della redazione che ne ha divulgato copia.

Intanto possiamo dire che la M.L. Von Franz in quegli anni era creatura alquanto razionale.

Lei stessa dice all’intervistatore di aver pensato ” but she wasn’t on the moon” !

Splendida la risposta di Jung che, guardandola negli occhi , come lei stessa ci dice, le rispose “Yes, she was”. 

Queste sintesi linguistiche sono tra quelle che a me fanno amare molto la lingua inglese.

E con ciò lo psichiatra svizzero le sintetizzò che ciò che accade psichicamente è reale, anche se ancora nessuno è mai andato sulla luna, a quel tempo .. e ciò che accade fuori può essere secondario, come conseguenza di quello.

La sera racconta l’autrice di aver pensato che le sarebbero occorsi almeno dieci anni per digerire questa impostazione che le aveva suggerito that old man ma poi ci dice che it took me all my life dove it è naturalmente riferito alle parole ascoltate.

 

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Psicologia Analitica

Tra le teorie dell’Inconscio, la psicologia analitica  è il corpus teorico del pensiero sulla psiche proposto da C.G. Jung.

Comprende alcuni punti cardine intorno ai quali si sono sviluppati  pensieri, riflessioni, ricerche e modelli teorici per il lavoro clinico sull’inconscio

Qualisono  le caratteristiche della psicologia analitica?

Oltre le 4 funzioni psicologiche di cui abbiamo già accennato nell’articolo precedente su questo blog, il concetto di Inconscio Collettivo è uno dei concetti più celebri.

Di cosa si tratta?

E’ un aspetto inconscio che non è solo personale perché non ha contenuti individuali, tipici e unici di una persona. Invece ha contenuti diffusi universalmente allo stesso modo.

Jung ci dice che i fatti inconsci più sono profondi e oscuri e più perdono la loro singolarità  individuale.

Assumono un carattere sempre più collettivo. In questa dimensione che Jung definisce Inconscio Collettivo troviamo gli archetipi e gli istinti.

Dalle parole di Jung in una conferenza a Londra del 1935:

“tutto ciò che so ma a cui al momento non penso;

ciò di cui una volta sono stato cosciente ma che ora ho dimenticato;

quello che i miei sensi percepiscono ma la mia coscienza non nota;

le cose che sento, penso, ricordo, voglio e faccio senza intenzione e senza farci attenzione, cioè inconsciamente;

 le cose future che si preparano in me e verranno alla coscienza solo più tardi”.

Tutto questo è il contenuto dell’inconscio.

Ma al di là di questo troviamo nell’inconscio non solo le qualità acquisite individualmente ma anche quelle ereditate, dunque gli istinti, come impulsi a compiere azioni senza una motivazione cosciente.

Il concetto di Inconscio Collettivo ha permesso a Jung di affiancare ai processi psichici di un singolo individuo molti elementi tratti da un contesto più ampio che si ritrova in ogni tempo e ogni cultura, attraverso miti, leggende, folklore, alchimia, mitologia e religione.

La psiche umana diviene così patrimonio collettivo che si eredita dai nostri avi, in alcuni tratti, accomunandoci a popoli e tempi anche molto lontani da noi in un quadro concettuale in cui riconoscere alcuni tratti della  nostra esperienza esistenziale e meglio comprendere alcune emozioni, paure, scelte, percorsi.

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