PSICOLOGIA, FELICITA' E HOME THERAPY
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Recovery fund

Recovery fund è la star di questi mesi, è nelle orecchie di tutti ma cosa è?

In buona sostanza si può stringare il concetto nel dire che si tratta di soldi.

Più corretto è dire che si tratta di uno strumento finanziario che la Commissione Europea ha individuato per sostenere le economie degli Stati membri in sofferenza finanziaria per la pandemia mondiale.

Ci ricordiamo dell’Europa, quando parliamo di Recovery fund ma il nostro spirito europeo come sta?

Sonnecchia nell’animo dei più che lo invocano quando si vogliono soldi in primis, anche detti aiuti, sostegni, ristori. Sacrosanta necesità, chi lo potrebbe negare?

E’ la solita idea che la psicoanalisi individua come il Complesso della Grande Madre, ove si chiede a oltranza nutrimento, diritto assoluto possibilmente senza doveri corrispondenti,

O minimi doveri per un diritto senza fine.

Come verso la Madre.

Torno all’Europa e agli Europei, una parola storica che fatica ad entrare nel pensiero identitario di ognuno di noi che viviamo negli Stati del Vecchio Continente.

L’Europa si è costruita nei millenni tra guerre e poteri come ogni libro di storia ci racconta.

Europei oggi significa appartenenza a un insieme grande di cittadini di diverse origini, linguaggi, aree geografiche.

L’identità del proprio paese è più facile e forse è più forte, dopo secoli di battaglie per costituire gli Stati, rispetto all’identità europea.

In America si sentono tutti americani ancor prima che del Texas o dell’Ohio ma qui sentirsi europei è un atto del pensiero prima che un’identità data.

Interessante chiedersi da dove arrivano gli europei, come se lo chiede un libro recente che si occupa di archeogenetica.

Il libro è “Storia dell’Umanità” di J.Krause e T.Trappe.

Sembriamo dimenticarci di essere europeri ricordando invece di essere italiani, curiosa lettura dell’insieme Europa che contiene il sotto insieme Italia.

Ne parleremo più approfonditamente, ora arrivano le Feste natalizie, coi canti rituali sottotono e abbiamo in mente, tra le tante cose, il Recovery Fund.

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SILENZI 2

Riporto qui – come promesso – il seguito con il finale del racconto breve di Claudio Maioli dal titolo “Silenzi” e vi dirò successivamente perchè ci interessa questa storia di inconfessati Silenzi

un vortice inarrestabile, al modo dei pensieri quando dentro la mente non ritrovano un capo

Fende l’aria con gesti larghi di un braccio teso, le dita della mano, prima aperte, si stringono bianche nel pugno, fa così per un’ora, un’ora e mezza ogni mattina, cerca di acchiappare le idee, mi spiegano,

Le idee di chi, domando,

sue, soltanto le sue, a questo ci tiene molto,

Ma le cerca in uno spazio comune, chi gli garantisce che non si mescolino a altre,

La mano, le dita, osservi il movimento con attenzione, vede, non si chiudono come a trattenere un insetto, si ripiegano, piuttosto, come obbedendo a un’articolazione precisa, meccanica, le antenne di un satellite che tra tante lunghezze d’onda ne afferrano solo alcune, quelle su cui sono fuggiti, non ricorda quando, i suoi pensieri,

È tanto, Cinque anni, si presentò volontario, prima che fosse tardi, disse, ci pensammo un bel po’ prima di accoglierlo: sobrio, elegante, giacca e cravatta, borsa di cuoio, poteva essere un collega o un ispettore del Ministero. Chiede un colloquio, gli capito davanti io,

Prego, si sieda,

No, grazie,

posa la borsa sul tavolo, la apre e la rovescia: completamente vuota salvo per una busta in bianco, resta immobile qualche minuto poi mi volta le spalle, muove un passo e comincia coi gesti. Da quel giorno, più una parola.
Leggo e rileggo i fogli nella busta in bianco, da quel giorno li leggo ogni giorno che si leva su questa Terra. Li leggo e li ripongo. Poi saluto e esco. «Per oggi basta,» mi dico ogni giorno che cade sulla Terra. Mentre mi allontano sto per alzare un braccio teso. Mi trattengo. Basta, per oggi basta. Affretto il passo verso il cancello
.

Così termina il racconto, scrivete i vostri commenti e al prossimo articolo ne parliamo più diffusamente.

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Casa tua

Casa tua è una immensa risorsa, sia che vivi in affitto o ne sei proprietario.

Non parliamo qui di risorsa economica ma di risorsa interiore perchè la casa, per i suoi abitanti è il luogo di confort per eccellenza.

A volte però sembra che non sia così e la cas apuuò apparire come ul peggior nemico: cose da mettere a posto, cucine nel caos, sale da bagno che nvece di evocare relax e armonia sembrano campi da gioco.

Per non parlare di tutte quelle volte in cui sembra che la casa, la quale nasconde ma non ruba, come ognuno ben sa, sottrae cose introvabili e accumula cose infinite e impensabili.

La casa è la nostra identità, aver cura del suo significato ci conduce attraverso un viaggio interno al nostro Sè. Molto interessante.

Non riusciamo più ad invitare tanti amci come facevamo una volta?

La sala dei nostri passatempi sta diventando inesorailmente un ricettacolo in cui dedicarsi al nostro hobby preferito è una corsa ad ostacoli?

La musica che ci rilassa e distende ormai si ascolta solo facendo jogging perchè un ambiente adatto in casa è complicato da trovare?

Potremmo continuare a lungo con l’elenco che la casa sembra non riuscire più a fare per noi, come faceva inizialmente.

La bella camera da letto concilia i nostri sonni e la nostra intimità come vorremmo? e la cucina si riempie di aromi stuzzicanti ?

Soprattutto riecheggiano risate e allegria tra le mura della nostra casa?

Se trope risposte sono state dei No è tempo di occuparcene perchè la casa deve ritrovare le sue funzioni, prima fra tutte quella di accoglierci e rigenerarci. Darci pace, relax e tranquillità: restituirci carica vitale e voglia di fare.

Può aiutarci a ritrovare il senso delle nostre giornate che frequentemente si perde un po’.

Non è difficile ritrovarlo, uscendone più consapevoli e grati anche alla casa che ci ha aiutato.

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HOME THERAPY PER TE

Home Therapy per te

Home Therapy fa al caso tuo?

é un modo per sentirsi bene, o per sentirsi meglio, ti piò servire?

Home Therapy si basa sulla creatività personale, guidata da un esperto per realizzare ciò che ti aspetti.

Cosa ti aspetti dalla tua casa?

Qui le risposte sono molteplici e Home Therapy ne ha selezionate alcune per te:

-dalla mia casa mi aspetto che mi faccia sentire bene

-che gli ambienti mi rispecchino nel mio carattere e nelle mie energie

-che sia piena di amici, di sorrisi e di gioia

-di fragranze e di lue e di aria

soprattutto che sia piena di desideri, di buoni propositi, di idee che si realizzano al suo interno. Che si parta per le vacanze e si ritorno come ad un porto sicuro. Che le feste siano occasioni speciali e non fatiche di parenti e pasti faticosi.

Dalla mia casa mi aspetto che, al suo interno, i problemi si risolvano, non si creino: perché è carica di vitalità, di energia costruttiva, di personalità accoglie le esifenze dei suoi abitanti.

Ogni ambiente è pensato – o ri-pensato- per la funzione che lo aveva visto nascere: raccogliere i pensieri e lo spirito, coltivare la vita delle piante, preparare pasti deliziosi per se stessi e per le persone care, riposare.

Risanarsi, energizzarsi, prepararsi ad essere al meglio delle proprie possibilità, sia fisiche che interiori.

La propria casa è come un grande abbraccio che ci culla sempre, se riusciamo a stabilire con le sue mura e la sua atmosfera il giusto rapporto.

Home Therapy ci può aiutare a stabilire questa relazione proficua e risanante perché la propria casa può essere come un quaderno invisibile che registra fedelmente i nostri passaggi.

Nei passaggi più difficili di vita la casa dovrebbe essere come il porto sicuro, l’oasi di pace in cui fermarsi e ripartire per le proprie avventure, e restituire goccia a goccia al nostro cuore l’investimento capitalizzato che abbiamo fatto su di lei


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TATUAMI

Tatuaggi, perchè?

Innegabile che spesso siano opere d’arte che l’estate più che mai illuminano e colorano la pelle esposta ala luce della stagione estiva.

Come scegliamo un tatuaggio piuttosto che un altro?

Quale segno grafico ci seduce e ci cattura?

Disposti a modesti sacrifici, di pelle, di accortezze e di denaro, siamo poi entusiasti e forse anche felici ad opera conclusa.

Un’opera al nero, si potrebbe dire con Marguerite Yourcenar? un accenno alchemico?

Sicuramente mistero e magìa nel tatuaggio si celano perchè nasconde un sentire e un sentimento che simbolicamente vorrebbe manifestare, pur nell’ambiguità del tratto che più di qualche volte appare incomprensibile.

Il tatuaggio è un messaggio, si consenta la facile rima.

Una comunicazione a chi guarda, compresi se stessi che ogni giorno lo vedono e lo ammirano e al proprio animo lo sottolineano.

Ne sottolineano l’essenza comunicativa, il valore e la capacità di sintetizzare un mondo intero in un segno, un colore, un disegno.

C’entra l’identità, il nostro sentirci ” a casa” con quel disegno impresso sottopelle che rappresenta qualcosa di noi, qualcosa di significativo al nostro essere più profondo e sincero.

Spesso raffigura qualcosa che non potremo mai dimenticare, data l’importanza che conserva per noi,  eppure sembra indomabile la forza con cui il desiderio di trattenere vicino, si mescola alla perdita:

una persona perduta che vogliamo trattenere oltre il ricordo allo stesso modo di una persona amata e vicina a cui cerchiamo di conferire carattere di eternità.

Il tatuaggio ci riporta all’eterna ricerca di opporci all’impermanenza predicata dal buddhismo, tra le molte tradizioni. Tatuaggio per trattenere vicino, quasi dentro noi stessi.

Non andrà via, resterà ancora più forte vicino e dentro di me, nella mia memoria e nella mia carne, se lo tatuo sulla pelle.

Il tatuaggio nei suoi primordi serviva a segnalare forza e potenza guerriera ai nemici, l’appartenenza al clan.. cosa resta oggi di questi antichi retaggi?

Qual è il tuo parere?

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TEATRO e psiche

 “Non c’è niente che l’umorismo intelligente non possa sciogliere in una risata, nemmeno il nulla” (A. Petitjean, Imagination e réalisation)

Psycomedy sdrammatizza la pesantezza di alcuni vissuti emotivi, con effetto orientato al benessere personale, restituendo alla persona la propria capacità di accostarsi alle emozioni piacevoli.

Una idea nuova per trasformare una esperienza difficile, lavorativa o personale, in un momento di cambiamento.

Utilizziamo la rappresentazione  scenica della propria capacità di cercare e ritrovare la risata, il divertimento, il paradosso,  l’ironia,  la comicità spontanea…

L’apporto innovativo ed essenziale di questo lavoro psicologico è  la tecnica dell’improvvisazione teatrale.

Essa  si differenzia dal teatro di testo perché mentre quest’ ultimo porta in scena i frutti di una ricerca, l’improvvisazione mette in scena…la Ricerca stessa ed il suo possibile fiorire in esiti nuovi e migliori.

L’improvvisazione è  quasi un pop-up , è più azione che pensiero

Non c’è nulla di preparato prima,  c’ solo il “qui e ora” del rapporto fra due o più attori…

Psycomedy è la nostra proposta per le persone che scelgono di mettersi in gioco, letteralmente, per il miglioramento delle condizioni psicologiche personali o di relazione interpersonale

nella nostra esperienza i partecipanti soprattutto apprendono un metodo, per il recupero delle risorse individuali orientate al benessere globale

si genera nel gruppo dei partecipanti  una attitudine mentale per raggiungere o ripristinare il livello ottimale di salute psicologica, quello in cui le migliori idee trovano spazio e sviluppo

le persone si orientano  a pensare secondo parametri di eccellenza, direzionandosi al sentimento di gioia, con energia ed equilibrio.

Il progetto di lavoro psicologico e teatro di improvvisazione si rivolge ad ogni persona interessata alla propria intelligenza emotiva, a coloro che desiderno  conoscere come svilupparla in modo piacevole e sano.

In azienda si è rivelata una buona leva applicabile alla formazione per il problem solving che sempre più richiede, per risultare efficace e competitiva, uno sforzo innovativo nei metodi e negli strumenti utilizzati, con il sostegno di solide teorie di riferimento e di buone prassi operative.

Le radici storiche di questo lavoro si rintracciano nella storia del teatro, nella storia della risata, della psicoanalisi, e del pensiero umano.

 

 

 

 

 

 

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Coscienza e Inconscio

La coscienza è  un tema sempre interessante e in una delle sue conferenze alla Tavistock Clinic di Londra negli anni trenta dello scorso secolo, Carl Gustav Jung esprimeva le proprie concezioni circa il mondo psichico:

cosa è la coscienza ?

e’ senz’altro il prodotto della percezione e dell’orientamento nel mondo esterno.

E dove si localizza?

È probabilmente localizzata nel cerebrum, di  origine ectodermica e fu probabilmente un organo sensoriale della pelle fin dai

nostri lontani progenitori.

Per questo conserverebbe questo aspetto di sensazione e di orientamento.

Queste le parole di Jung, quale definizione fu mai più sintetica eppure efficace?

Dalla Treccani si legge che la coscienza è la

“Consapevolezza che il soggetto ha di sé stesso e del mondo esterno con cui è in rapporto, della propria identità e del complesso delle proprie attività interiori”

Oggi diremmo che si tratta di un fenomeno molto difficile da definire perché non assoggettabile a verifiche empiriche.

Eppure è la base della nostra vita cognitiva, del nostro ricordarci chi siamo, del nostro procedere nel mondo, nel tempo e nello spazio.

Se la coscienza ci abbandona per malattia neurodegenerativa o stati alterati indotti da traumi o da farmaci, la persona non è quella che conosciamo, diviene altro.

Altro con cui è difficile entrare in contatto, impossibile nei modi consueti e noti, forse solo possibile su livelli sottili dell’esperienza che trascendono il mondo ordinario per come lo conosciamo.

Ancora C.G.Jung dice che l’inconscio è la base di partenza e da esso sorge e sviluppa la coscienza: nella prima infanzia agiamo inconsciamente e le funzioni più importanti per la sopravvivenza sono di natura istintiva.

Per Jung “l’Io è il complesso che privilegiamo, sempre al centro della nostra attenzione e dei nostri desideri e rappresenta il punto focale assolutamente indispensabile alla coscienza”

Oltre l’Io si apre il vasto mondo endpsichico, un fitto sistema di relazione tra i contenuti della coscienza e alcuni processi che vengono postulati nell’inconscio.

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IDENTITA’ tatuate

Sai cosa esprime il tuo tatuaggio?

è un’espressione della tua identità psicologica, riporta nei tratti grafici qualcosa che parla di te agli altri. Sul corpo disegni, identità espresse da simboli vistosi o appena visibili. Come Maori. La pelle scoperta mostra qualcosa di sè, raccontato simbolicamente da un simbolo; grafismi sulla pelle, tatuaggi, che in questo periodo estivo è più facile vedere su giovani e non, donne e uomini. Si stima per approssimazione che in Italia circa un milione siano le persone che ricorrono a questa forma di “Body art”.

Perché noi gente moderna e post moderna decidiamo ancora oggi di farci un tatuaggio? Quale è il significato psicologico di questa antichissima pratica, oggi che la nostra epoca tecnologico-scientifica sembra allontanarci da usanze del passato?

Sappiamo tutti che alcune popolazioni tribali sfoggiano  tatuaggi  cerimoniali o incisioni  sul corpo destinate a cheratinizzare il mesaggio simbolico sulla pelle, con scopi di iniziazione, oppure propiziatori, o di appartenenza a caste o gruppi sociali.

Da noi, sulle nostre spiagge fanno bella mostra di sè i disegni più svariati per motivi non così comprensibili e soprattutto non uguali per tutti: c’è chi ricorre al tatuaggio per abbellire, oppure esprimere la propria appartenenza a un gruppo, o comunicare una propria emozione simbolizzata, se pensiamo a cuori trafitti o al nome della persona amata, sempre evergreen.

L’idea di disegnare sul corpo che diventa la nostra tela da pittore elettiva è antichissima: il tatuaggio era uno strumento per esorcizzare e superare simbolicamente la paura della morte, con il suo rituale, il dolore fisico e forse un residuo di questa funzione è ancora presente in alcuni, a livello inconscio.

Attualmente la funzione più ricorrente è quella di comunicazione, attraverso simboli e creatività artistica di qualcosa del mondo affettivo della persona che sceglie il tatuaggio; a volte cerca di esprimere l’idea di un legame che vuole essere eterno e indelebile, come il tatuaggio stesso; la negazione di una fine o di un distacco; una pretesa di eternità, legame con una persona o evento che la figura o parola scelta si propone di rappresentare.

Ho visto tatuato in grande, sul braccio di un ragazzo ventenne, un nome di uomo un po’ desueto, non un nome giovane… e infatti il ragazzo racconta che è il nome di battesimo del  nonno, che non c’è più, una perdita vissuta con gran dolore a cui si cerca una reazione forte che si allinei con la propria anima ferita.

Viene da pensare che non ci si senta in grado, sopraffatti da alcune esperienze intense che la vita riserva, nel bene come nel male, di affidarci alla nostra memoria emotiva come custode speciale degli affetti; che non si senta la confortante fiducia che alcune cose restano con noi, diremmo “scolpite”, altro che tatuate!

Però è presente anche una più semplice  funzione estetica, di abbellimento di sé, mentre la funzione di trasgressione, di infrangere un tabù sociale si dice ormai superata. Indubbio il legame tra il tatuaggio e l’identità di chi lo porta, che ne risulta quasi sottolineata e rafforzata, trovando un’espressione di sè stessa soddisfacente attraverso i simboli che sceglie; ed i simboli, come spiega Jung, sono “catalizzatori di energia psichica

Spesso il tatuaggio è vissuto come costruzione di una immagine di sé positiva e compare in tal caso in persone che non hanno completa chiarezza sulla propria identità emotiva profonda e attraverso il motivo impresso sulla pelle rispondono all’esigenza di rivelare qualcosa di sé e contemporaneamente “fissare” la traccia del sentimento sfuggente dell’ identità. 

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