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Amore

Amore, l’Eros dei Greci antichi, c’è ancora posto per lui oggi tra le persone?

Gli amori di coppia risaltano sulle cronache per la violenza, Amore tossico cioè relazioni di coppia malate.

E’ sempre stato così sconfortante il declino bruto dell’Amore ?

Probabilmente sì, se andiamo indietro nei tempi della storia ma senza la risonanaza mediatica e le veloci trasmissoni di notizie odierne ne venivamo a conoscenza meno.

Quale Amore?

Non solo amore tra donna e uomo sentimentalmente legati, purtroppo la violenza, la tragedia e la brutalità si insinuano tra le pieghe di una società sofferente.

Tra baby gang, giovani vittime di bullismo, insegnanti di scuola aggrediti da genitori, figli che insultano i genitori, bande rivali e regolamento di conti sembra non esserci più spazio per relazioni umane normali.

Poco spazio per relazioni affettive sane, soffuse di tenerezza ed Eros vittorioso.

Eros nella mitologia esprimeva l’Incontro, il congiungimento, l’amore, il contatto gentile o appassionato tra anime, così nutrite.

Perchè l’anima, ci insegna già il Mito, non può prosperare senza l’altro, senza l’incontro virtuoso e l’avvicinamento,

rischiando così il mancato nutrimento emotivo e l’affievolirsi della vita dello Spirito, la nostra umana forza vitale.

Questo incontro di cui non possiamo fare a meno prende derive pericolose quando non si accompagna a consapevolezza, alla coscienza ampia e aperta.

Così l’Amore assume sembianze di possesso e non accetta il rifiuto da parte di un altro.

Qui il rifiuto proviene da se stessi in primo luogo e viene proiettato fuori, così è l’altro a vestire i panni del colpevole che dà sofferenza insopportabile.

Amore non è certo questa barbarie, ci fa dimenticare che con la stessa parola designamo la corrente speciale che avvolge una mamma e il suo bambino, una famiglia con tutti suoi membri, un padre con i suoi figli, un monaco in preghiera, un’associazione che salva vite umane.

Stessa parola, Amore, anche per designare un trasporto speciale verso il divino, verso l’alto, verso alcuni rami del sapere e della conoscenza.

Forme diverse, unite dalla forza del conforto alla natura umana difronte alle insidie dell’esistenza.

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Violenza

Violenza è una parola evocativa di brutture fisiche e morali, angoscianti sopraffazioni, sentimenti malvagi, dolore, male assoluto. L’archetipo del Male. Thanathos.

Perchè la violenza?

Indubbio che essa non è necessaria. Mai. Qualsiasi questione che riguarda gli umani si può sempre dirimere in altri modi, capaci di far valere le proprie ragioni senza sopraffazione.

Proprio per questo ci chiamiamo Umani o anche, ironicamente, Sapiens; perchè ci siamo evoluti, abbiamo scalato il cammino evolutivo filogenetico sviluppando capacità cerebrali inimmagibabili.

Queste capacità del cervello organico si traducono in abilità comportamentali, condotte così intelligenti da traghettare il mondo intero verso mete prodigiose, fino a creare Intelligenza Artificiale, fino a viaggiare nello spazio siderale, verso le stelle.

Si costellano nei secoli molteplici azioni umane come esperienze di picco che hanno segnato punti di svolta, creando civiltà, rivoluzionando apparati sociali di ogni tipo verso nuove ispirazioni, scoperte della scienza, della tecnica.

Queste scoperte scientifiche e tecnologiche prontamente applicate hanno consentito di sostenere la salute e allungare la vita, procedendo attraverso di essa in modi più agevoli, efficaci, utili.

Eppure la Violenza non ha mai abbandonato il mondo, nemmeno per brevi periodi, e negli intervalli tra una guerra e un’altra, tra eccidi e stragi di massa, si è insinuata come veleno tra individui, famiglie, comunità senza risparmiare i più fragili.

L’eredità biblica di Caino non ci ha mai abbandonato.

Combattere la violenza

è possibile? sembra impossibile quando si attraversano momenti tragici eppure non dobbiamo perdere l’antidoto, anzi coltivarlo con assiduità.

E’antidoto ogni qualità benefica e salutare che la mente può immaginare e la persona può fare, solo aumentando le caratteristiche più alte e splendenti delle persone possiamo sperare in un futuro dove la violenza sia bandita.

Anche quella segreta, familiare, nel chiuso di una casa, o di un’automobile, di un vicolo.

Sostituita virtuosamente da armonie relazionali.

Si dovrà necessariamente passare per un’evoluzione diversa, dello spirito umano che nel XXI secolo mostra ancora i suoi tratti più barbarici.

Tratti di personalità sociopatici e pericolosi per tutti e per la persona disturbata probabilmente non potranno essere eliminati, allo stato attuale delle conoscenze.

Aspetti genetici e costituzionali delle psicopatologie potranno però essere controllati se si avrà estrema cura degli aspetti sociali, relazionali, affettivi in cui tutti gli individui vivono e sono immersi e potrebbero costruire terreni di scambi interperonali sostenuti dalla mente evoluta e “lavorata”.

E’ certo un lavoro enorme da pensare nelle società umane afinchè le piccole comunità, i centri aggreganti dove si studia, si fa sport, si cresce, si alimenta lo spirito profondo individuale e collettivo, possano crescere.

Crescano in direzioni virtuose di sviluppo ed evoluzione intelligente basate su rispetto, fiducia, affettività sana.

Un lavoro che non è utopia ma richiede tempo, attenzione, cura e accordi tra tutti.

E poi pensieri, riflessioni, progetti tra chi è competente, capace e sognatore.

Non è impossibile.

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Terapia junghiana

La terapia junghiana, che offre le sue particolarissime chiavi di lettura per i disagi psicologici e le meraviglie della psiche, è oggi sempre più richiesta.

Nonostante il tempo attuale veloce e frenetico, molte persone si rivolgono al mio studio perchè sono una psicoterapeuta junghiana.

Perchè scegliere una terapia junghiana?

Contro corrente al tempo attuale questa formadi psicoterapia non propone facili soluzioni, non promette tempi brevi di cura, non assicura risparmio sui conti.

E allora cosa affascina ancor oggi, di questo metodo antico, soprattutto tra i più giovani?

Secondo il mio pensiero le persone giovani stanno vivendo tempi davvero difficili, come tutti certamente, ma con l’aggravante di non aver potuto costruire alternative ai sistemi sociali che rifiutano e ignorano, quando non li distruggono del tutto.

E’ caratteristica elettiva del Puer archetipico portare tutta la propria energia giovane e fresca nella ricerca di mondi nuovi, mondi esterni da capovolgere per rinnovare in cui si riflettono mondi interni dove cercare la Luce ed illuminare le Tenebre che avvolgono le umane fragilità emotive.

Ne emerge un disorientamento angosciante perchè valori umani ritenuti obsoleti non trovano valori nuovi sostitutivi che abbiano la necessaria solidità itrinseca da reggere agli urti del mondo.

Crisi di valori ci sono sempre state, e così guerre ed efferati delitti.

Paure enormi di soccombere, di essere annientati.

Questa Psiche collettiva che deve affrontare il crollo di sentimenti e di passioni creative e immaginifiche si manifesta oggi con disagi psicologici, con serpeggianti pensieri di infelicità.

Abitiamo la Tecnica, retta dalla razionalità e patiamo lo scompenso di libertà irrazionali.

Sugli animi deboli e probabilmente sociopatici allora affiora la violenza verso il più debole, per seguire i propri impulsi drammatici. In Occidente dove viviamo tra pseudo sicurezze sono molto precari i riferimenti sicuri per tutti.

Come si svolge

La terapia junghiana, nel racconto che la persona fa di sè al terapeuta, propone uno sfondo, antico ed eterno a cui appoggiare i propri dubbi e sofferenze emotive, a cui appoggiarsi, con cui confrontarsi.

Uno sfondo di certezze tramandate da millenni che porta ancora incisa l’eco di battaglie epiche ed eroiche, per conquistare diritti che oggi diamo per scontati, tra simboli ed emozioni attuali.

In questo sfondo fanno capolino gli Dei dell’Olimpo mitologico, vestiti di miti diversi e sarà compito della coppia terapeutica dipanare il nome nuovo che assumono i miti di sempre. Eterni, oltre le umane cose.

Gli Dei così diventati malattie, come ricorda Hillman, chiedono a noi umani di poter guarire e la terapia junghiana ricerca connessioni tra realtà così lontane, figure interiori e paure da superare.

Ci riesce, per lo più.

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mano e manina

Il pensiero del Cuore

E’ da James Hillman, compianto autore post junghiano, come leggiamo da un frammento di una sua opera, quanto il nostro umano cuore, inteso simbolicamente, possa seguire una sua via, come fa il pensiero.

E qui Hillman, profondo conoscitore e studioso delle immagini che popolano la nostra mente, pensa al cuore per immagini, al loro ruolo irrinunciabile di guida per un felice equilibrio psico-fisico.

Vediamo come.

Immagini del cuore

Nella nostra cultura occidentale possiamo rintracciare tre grandi immagini del cuore e relativi significati culturali con il loro senso profondo:

quello che riguarda il coraggio, la passione ardente e la lealtà, è il cuor di leone.

quello come muscolo e organo del corpo, la nostra pompa di vita, cuore di Harvey.

Infine quello dei sentimenti, dell’anima, dell’amore e questo è il cuore di Agostino.

Il primo dei tre si manifesta nel mondo come credere con forza, desiderio, missione, può spingere all’azione e alla battaglia.

Questa immagine rimanda alla possibilità che si infiammi, il suo elemento alchemico è lo zolfo.

Per Jung, nell’alchimia lo zolfo indicava la sostanza attiva del sole (Opere, 14, I, pagina 124):

esprime anche il volto infiammabile del mondo, il desiderio e questo conduce in psicologia alla proiezione. E’ il cuore del Re.

Il successivo, da un testo del 1628 di Wiliam Harvey che scopre il sitema circolatorio, ci porta nell’era scientifica, sottolinea il ritmo, il pulsare, la macchina a cui fare manutenzione.

Questa forza occupa tutto il corpo e il cuore anatomico ne è l’organo visibile e percepibile.

Può recare un attacco alla persona stessa che dovrà averne cura, pensarlo, immaginarlo ed entrare in un rapporto consapevole con esso, senza dimenticarlo, macchina fonte di vita.

L’ultimo, chiamato di Agostino, vive di sentimento e di amore, nucleo profondissimo e intimità.

Non più solo come Re, o Macchina ma sede del Sentimento che mi fa muovere nel mondo.

Le figure immaginali autonome della psiche, contemplate dal cuore, si esperiscono così come cariche di sentimento.

Leggiamo Hillman con passione, oltre il tempo.

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RELAZIONI ISPIRANTI

Relazioni Ispiranti sono tutte quelle che si percepiscono di alta qualità, con effetto positivo sul bnessere personale.

E’ fondamentale avere relazioni ispiranti.

Come riconoscere le relazioni ispiranti

il segreto è nascosto proprio nel nome, sono quei rapporti tra persone che lasciano un segno quando ci si incontra o ci si sente o si legge un messaggio che l’altro ci sta rivolgendo.

Chi riceve, a sua volta, un segnale di amicizia o di empatia, o di affetto sarà portato a prolungare, dentro se stesso, l’effetto di tale contatto.

Ricevere gentilezza o sorrisi ci farà sentire bene insieme all’altra persona e l’effetto positivo alla fine è automatico, come un riverbero di luce e di benessere che continua a colorare i nostri pensieri o le nostre azioni.

Ci sentiamo vicini, come se la relazione ispirante fosse riuscita a cancellare distanze, ad ispirare sentimenti ed emozioni di benessere.

Relazioni ispiranti inoltre sono quelle che suggeriscono qualcosa, virtuosamente contagiano e ci mostrano nuove vie, come può essere una passione a cui non avevamo pensato, un nuovo interesse, un hobby da sviluppare.

Le relazioni ispiranti annullano le distanze perchè restano in mente a lungo e positivamente, mantengono il contatto interiore con l’altro anche quando ci siamo salutati senza sapere quando sarà ppossibile ritrovarsi.

Le relazioni ispiranti non sono esclusivamente con altre persone ma sono il legame che ci ispira profondamente tra noi stessi e una situazione, o con oggetti a cui dedichiamo cure e attenzioni, con animali , con paesaggi, con la musica o con la natura. Con lo Spirito e con un ricordo, Con persone che non vediamo più.

Lasciamoci ispirare dalle relazioni che portano abbondanza e fanno sentire pieni ed appagati.

Mi viene in mente anche la relazione con se stessi: può essere ispirante?

A volte è necessario un lavoro di attenzione al Sè, di cura verso noi stessi, per afferrare e mantenere il nucleo di ispirazione che possiamo offrire a noi stessi, prima che agli altri.

Come fare questo lavoro?

L’analisi psicologica è una strada collaudata e sempre possibile, che conduce dritta al cuore di Sè, una meta di straordinario valore. L’orientamento suggerito da Carl Gustav Jung, lo psichiatra svizzero del secolo scorso, è una guida potente.

Unica tra le molte psicoterapie a indicare all’analista e alla persona che a lui si rivolge un sentiero da percorrere insieme incontrando antichi Miti da decifrare e rendere attuali attraverso i simboli di cui abbondano. Seguendo lo Spirito vitale di ognuno, ascoltando i sogni e i mancati sogni, percorrendo vie appartenenti al mondo delle immagini, interiori ed esterne.

Un viaggio unico, una relazione ispirante forse più di ogni altra per la profonda partecipazione del terapeuta che accompagna con appassionato impegno il suo paziente….

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Psicoterapia o psicoanalisi?

La scelta di iniziare una psicoterapia o psicoanalisi spesso si ativa a partire da un malessere psicologico ma non necessariamente deve essere così.

La spinta può arrivare dal bisogno di conoscere meglio se stessi e in particolare il proprio mondo interno.

Per dirla con Freud, si vuol comprendere se stessi in profondità, conoscere il proprio inconscio, almeno in parte.

E’ nota la metafora freudiana che se paragoniamo la nostra mente ad un iceberg, la parte affiorante corrisponde alla parte psichica di cui abbiamo conoscenza.

Ma è la parte sotto il livello dell’acqua, molto più grande, la parte inconscia della mente.

nell’inconscio

E proprio da lì, dall’inconscio, partono tanti gesti quotidiani, o pensieri, o scelte o mancate scelte, idee, energie o tristezze, fino a sintomi vari o espressioni di malessere psicologico che si esprimono sul corpo, come insegna la psicosomatica.

Nel pensiero del padre della psicoanalisi, Sigmund Freud, nell’inconscio risiede anche tutto il contenuto psichico rimosso, per motivi di equilibri mentali e quadri clinici rispondenti alla storia individuale di ognuno.

L’inconscio è anche l’idea di un ricettacolo di aspetti che non riconosciamo come nostri, fantasie o accadimenti del passato che vengono come “dimenticati” e riportati alla coscienza solo con il lavoro psicoanalitico.

Ricordiamo anche che il termine psicoananlisi è riservato alla specifica tecnica emersa dalla teoria del suo fondatore, Freud per l’appunto.

Tutte le altre forme di psicoterapia orientate al disvelamento di parti che ancora non abbiamo incontrato sul piano di coscienza ma forse solo nei sogni o in fantasie o immaginazioni, rientrano nelle psicoterapie psicodinamiche.

Anche la psicologia elaborata da Carl Gustav Jung è psicodinamica, quindi ascolta i sogni, considera i miti, favorisce l’immaginazione attiva ma non è corretto identificarla col termine psicoanalisi riservato a Freud; si chiama invece psicologia analitica o psicologia complessa.

Ogni psicoterapia o psicoanalisi che dir si voglia in ogni caso ascolta il paziente, questo è l’elemento comune a tutte, forse l’unico.

Quell’ascolto diviene strumento terapeutico efficace quando torna al paziente rielaborato e amplificato per promuovere una nuova edizione dela sua storia.

psicoterapia

E’ tale ogni forma di intervento psicologico che, a cura di un professionista formato a norma di legge e specializzato successivamente alla laurea, si propone di sostenere la persona nei momenti critici, ne promuove lo sviluppo psicologico e ne favorisce la crescita personale.

Per un risultato di migliore conoscenza di sè e pienezza di vita, per trovare il senso alle proprie esperienze, percorrendo insieme un progetto terapeutico elaborato e proposto dal professionista.

Ai prossimi articoli! approfondiremo questi aspetti.

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Amore e Jung

Negli ultimi anni mi capita sempre più spesso di occuparmi nel mio lavoro clinico di amori sofferenti

Cosa succede?

Amore è una parola, una formula magica che ci fa pensare ad un’isola felice dove regna dolcezza, sensualità, comprensione, empatia, collaborazione, appagamento dei sensi e dello spirito…

Ma è sempre così?

Pensiamo che tra le coppie più giovani sia più facile far andar bene le cose in amore? I sensi, la spinta ormonale e la facilità di piacere all’altro, complice la giovinezza, aiutano? Purtroppo non sempre è così.

Molte volte entrano dentro la giovane coppia le immaturità relazionali di ognuno, tutta la dinamica che ruota intorno a fantasie di possesso, paura di abbandono, competizione tra rivali..

In Amore allora come far funzionare le cose?.

un buon livello di maturità emotiva eviterà di far pagare all’altro ignaro partner tutte le dificoltà personali relative a bassa autostima, scarsa fiducia in sè e negli altri, propensione a tradire e trasgredire qualcosa ( ma cosa ?) per il gusto di sentirsi adulti.

L’altro della coppia invece è necessario percepirlo come “Altro” da noi stessi, per l’appunto, e non è facile nè automatico, è un passo di crescita interiore che porterà a non pretendere dal partner comportamenti o modi di fare che sono i nostri, non i suoi.

L’altro verrà allora rispettato nella propria natura nel senso profondo del termine e apprezzato ed amato proprio per alcune sue caratteristiche che lo rendono diverso dagli altri e unico.

La psicologia analitica complessa di Jung ci può illuminare al riguardo dell’Amore?

Certamente il tema della seduzione – dal latino se-ducere, condurre via – rimanda a una sensazione di rapimento profondo, come di una cattura interiore che chiama in causa gli archetipi con la loro numinosità, con tutte le caratteristiche della psiche umana che l’intero Pantheòn delle deità raccoglie attraverso i millenni per rappresentare gli umani. Anima si presenta nei sogni in forma di creatura femminile e Animus in forma di creatura maschile, anche se questa è una semplificazione, e l’incontro d’anime rimanda alle “Nozze Regali”, concetto già appartenente all’alchimia come unione di opposti in cui anche lo spirito Mercurio interviene nella sacra unione del principio femminile con quello maschile per la completezza dell’essere e, con la terminologia di Jung, la realizzazione del Sè superiore.

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L’ANALISTA

COME SCELGO IL MIO ANALISTA?

E’ una scelta molto complessa che richiede attenzione, come ogni cosa complessa;

e regalerà frutti inimmaginabili proprio come fanno solitamente le cose molto complesse se riusciamo a districarci bene.

Quali elementi devo considerare?

L’analista ti accompagnerà lungo i sentieri della tua psiche, scandaglierà insieme a te regolarmente il tuo spirito vitale e ti aiuterà a risvegliarlo, se addormentato.

Ci sarà sempre e – in qualsiasi caso – è dalla tua parte.

Come mi potrei sentire?

Ti sentirai accolto e ascoltato. Compreso, perchè l’analista, dove vuol capire meglio, chiederà la tua opinione.

Sarai tu il centro di ogni seduta, la persona veramente importante, in una progressione che ti porterà a capire molto sulla tua psiche inconscia, per poter restituire significato alle tue esperienze e per trarre insegnamento da esse.

Sarai dentro un cerchio magico, o meglio potremmo dire un’area di lavoro per te, in cui esplorerai, ti sentirai sempre sostenuto in questo lavoro, anche quando ti sembrerà che non è così.

L’analista giusto per me

Primo consiglio. Telefonate. Se avete più segnalazioni, telefonate a tutti. E andate a trovarli. Vi costerà il prezzo di una seduta. Qualcuno (il più generoso, il più furbo, il più seduttivo?) il primo colloquio non lo fa pagare. Così li guarderete in faccia, questi analisti da cui rischiate di andare per qualche anno una, due, tre volte alla settimana.

Si paga il primo colloquio?

Il paragrafo sopra avvia una riflessione su questo punto che fa riferimento alle fantasie inconsce che questo elemento scatena, mai dare niente per scontato. E le fantasie inconsce sarà compito dell’analista portarle alla luce, per guardare insieme anche la mente profonda della persona, cosa chiede, cosa si aspetta, cosa ritiene suo diritto e cosa suo dovere.

Fidarsi ed affidarsi… le parole da ascoltare dentro se stessi… con profonda fiducia…

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SEMPLIFICARE

Semplificare è il sogno di tutti!

Una vita più lineare, con meno problemi e problemini da risolvere quotidianamente fa gola sempre più nel nostro mondo affannato.

La realtà è estremamente complessa e qui vorrei mettere in guardia dalla tentazione di semplifcare ad ogni costo.

Semplificare troppo riduce i dettagli,

Se ci si interroga senza conoscere le basi su argomenti scientifici, tecnici, specialistici non porta a nulla di buono, anzi!

Spiego meglio:

Ci sono molti argomenti che per propria natura sono ricchi di interrelazioni, di concatenazioni al proprio interno e rispetto al contesto, per dirla in una parola sola, sono molto complessi.

E in questi casi semplificare fa un torto all’argomentazione e alla ricchezza di ciò di cui vogliamo discutere.

Anche soltanto con noi stessi.

Un argomento che presta il fianco a semplificazioni esagerate e indebite è la Psicologia. Poichè studia la psiche può venire automatico ritenere che, poichè la psiche è dentro di me, le idee che me ne faccio sono quelle giuste.

Chi meglio di me stesso può saperlo?

In realtà le cose psicologiche stanno molto diversamente. Ci sono secoli di studi alle nostre spalle che hanno reso la ricerca in psicologia una disciplina scientifica.

Ma cosa è la ricerca in psicologia?

E’ proprio quella mole di studi, sperimentazioni, ipotesi, tesi e infine teorie che finalmente fondano la prassi.

Una pratica psicologica sensata deve essere fondata scientificamente, cioè poggiare i propri presupposti clinici e terapeutici su una solida base teorica.

Ecco, qui in questo scritto si sta semplificando moltissimo, per ragioni di spazio ma qui la finalità è solo quella di chiarire alcune aree cieche del mondo psicologico, cieche ai profani.

E’ vero che la mente è custodita in ognuno di noi, oltre a quella inconsciamente collettiva, con buona pace di Jung, che è patrimonio ancestrale comune.

Non tutti però, se non hanno studi specifici e specialistici nel proprio bagaglio culturale, sanno come funziona la mente, perchè si ammala la psiche, quando possiamo definirla ammalata e quando normale.

Esistono stati di gravi disturbi di personalità nei quali la persona che ne soffre in realtà non ne soffre, o per meglio dire, non sa che si tratta di una psicopatologia e potrebbe ritenere che si tratti solo del proprio carattere e che sono gli altri intorno a lei ad essere in errore.

Ci sono dipendenze affettive gravi che vengono addirittura scambiate e confuse con il sentimenti dell’amore…..

Anche stati di manipolazione affettiva scambiati per interesse genuino dell’altro verso di noi mentre l’altro è affetto da narcisismo patologico e cerca solo le proprie distorte gratificazioni mentali.

La psicologia è complessa, non solo quella specifica dell’area di studi junghiana, proprio chiamata “psicologia complessa”.

Nel proprio interesse è doveroso rivolgersi a specialisti della psiche se sentiamo che nel nostro mondo interno qualcosa non va.

O semplicemente potrebbe andar meglio.

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EUDAIMONIA

Parliamo di felicità, eudaimonia, dalla sua etimologia greca.

SAPETE COSA SIGNIFICA LA PAROLA EUDAIMONIA?

Avere un buon daìmon !

La parola greca indica un concetto simile ad una vocazione, una chiamata speciale verso una specie di scintilla divina.

Agganciarsi a questa sorta di scintilla significherà portare a compimento la propria vocazione più essenziale e personale, la vocazione alla propria felicità vera, all’eudaimonia !

Fare tutto il possbile per realizzare ciò che potenzialmente siamo già, quello che C.G. Jung ha denominato “il processo di individuazione”.

La ghianda che diventerà quercia, come spiegava J.Hillman, e solo allora sarà avvenuto il compimento di se stessa che altro non avrebbe potuto essere.

Così noi esseri umani, realizzare la nostra potenzialità per raggiungere la felicità veraè un po’ come rispondere alla chiamata, del daìmon per l’appunto.

Per riuscire in questa impresa è la nostra mente che ci guida, con le intuizioni, i pensieri, i sentimenti e le sensazioni.

Si tratta della suddivisione quadripartita del pensiero di Jung ricordato come tipologie psicologiche:

c’è il momento in cui funzioniamo secondo la linea pensiero-sentimento e l’altro in cui la linea del nostro funzionamento mentale è sensazione-intuizione.

Detta così è davvero troppo grossolana ma vi invito a leggere dalle parole dell’autore, qui basti sapere che cercare di tenere il giusto equilibrio tra queste polarità rende ragione della totalità psichica.

Il Sé realizza la sua completezza per la nostra Felicità.

Quindi la felicità non è solo un fatto della mente:

si lega anche a vissuti e percezioni relativi al corpo, in una esperienza di vita che sia immersiva e completa più che sia possibile.

Parliamo qui di piccole cose, non di grandi imprese, non è la grandezza che fa la felicità ma la

consapevolezza.

La crescita attraverso esperienze, lo sviluppo di pensieri nuovi che ci indicano il flusso della vita..

Felicità per esistere in pieno, per non accontentarsi…

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