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Inverno

Siamo decisamente dentro l’Inverno, la stagione che porta sosta, silenzio, fermarsi come la natura si ferma, attesa.

In immagine ho trovato una raffigurazione trecentesca dell’inverno, mirabile opera di Ambrogio Lorenzetti.

Per quanto la scarsa qualità dell’immagine che ho riportato consenta, è la raffigurazione di un uomo, come Re della Neve, ne è avvolto e ne ha fatto una palla.

Oltre la meraviglia della sintesi pittorica che sposa l’allegoria di un inverno caratterizzato da neve che fiocca tempestosa in grandi cristalli, possiamo vedere l’espressione dell’uomo:

treanquillo, sereno e forte, sguardo avanti deciso, imperturbabile.

Come l’inverno bianco o plumbeo si propone sempre al nostro immaginario, fin dal sussidiario di quando si era piccini.

Sul cappello è dipinta una corona, simbolo della regalità di una stagione che ci crea intorno una situazione di arresto dalle frenetiche consuete attività.

Uno stop alla fretta, al fare, in favore di un pensiero riflessivo, di un momento di riposo e di recupero.

Allegoricamente le immagini che nel tempo hanno voluto raffigurare la stagione invernale in modo antropomorfo, offrono allo sguardo l’idea di un vecchio che ha concuso il suo ciclo, come l’anno del calendario gregoriano ha concluso la sua corsa, momentaneamente.

Fermarsi a sentire ciò che finisce. Nelle festività del Capodanno si saluta il Nuovo che incalza più giovane e fresco, foriero di inizi e speranze.

Il Vecchio, archetipo che si incammina nella neve tormentosa, ha però il suo fascino se ci sappiamo fermare ad osservare i suoi simboli, i suoi colori, il suo significato.

Ci darà Forza da costituirsi piano piano durante i mesi, senza fretta.

Per chi può… un pochino quasi in letargo anche noi…

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Violenza

Violenza è una parola evocativa di brutture fisiche e morali, angoscianti sopraffazioni, sentimenti malvagi, dolore, male assoluto. L’archetipo del Male. Thanathos.

Perchè la violenza?

Indubbio che essa non è necessaria. Mai. Qualsiasi questione che riguarda gli umani si può sempre dirimere in altri modi, capaci di far valere le proprie ragioni senza sopraffazione.

Proprio per questo ci chiamiamo Umani o anche, ironicamente, Sapiens; perchè ci siamo evoluti, abbiamo scalato il cammino evolutivo filogenetico sviluppando capacità cerebrali inimmagibabili.

Queste capacità del cervello organico si traducono in abilità comportamentali, condotte così intelligenti da traghettare il mondo intero verso mete prodigiose, fino a creare Intelligenza Artificiale, fino a viaggiare nello spazio siderale, verso le stelle.

Si costellano nei secoli molteplici azioni umane come esperienze di picco che hanno segnato punti di svolta, creando civiltà, rivoluzionando apparati sociali di ogni tipo verso nuove ispirazioni, scoperte della scienza, della tecnica.

Queste scoperte scientifiche e tecnologiche prontamente applicate hanno consentito di sostenere la salute e allungare la vita, procedendo attraverso di essa in modi più agevoli, efficaci, utili.

Eppure la Violenza non ha mai abbandonato il mondo, nemmeno per brevi periodi, e negli intervalli tra una guerra e un’altra, tra eccidi e stragi di massa, si è insinuata come veleno tra individui, famiglie, comunità senza risparmiare i più fragili.

L’eredità biblica di Caino non ci ha mai abbandonato.

Combattere la violenza

è possibile? sembra impossibile quando si attraversano momenti tragici eppure non dobbiamo perdere l’antidoto, anzi coltivarlo con assiduità.

E’antidoto ogni qualità benefica e salutare che la mente può immaginare e la persona può fare, solo aumentando le caratteristiche più alte e splendenti delle persone possiamo sperare in un futuro dove la violenza sia bandita.

Anche quella segreta, familiare, nel chiuso di una casa, o di un’automobile, di un vicolo.

Sostituita virtuosamente da armonie relazionali.

Si dovrà necessariamente passare per un’evoluzione diversa, dello spirito umano che nel XXI secolo mostra ancora i suoi tratti più barbarici.

Tratti di personalità sociopatici e pericolosi per tutti e per la persona disturbata probabilmente non potranno essere eliminati, allo stato attuale delle conoscenze.

Aspetti genetici e costituzionali delle psicopatologie potranno però essere controllati se si avrà estrema cura degli aspetti sociali, relazionali, affettivi in cui tutti gli individui vivono e sono immersi e potrebbero costruire terreni di scambi interperonali sostenuti dalla mente evoluta e “lavorata”.

E’ certo un lavoro enorme da pensare nelle società umane afinchè le piccole comunità, i centri aggreganti dove si studia, si fa sport, si cresce, si alimenta lo spirito profondo individuale e collettivo, possano crescere.

Crescano in direzioni virtuose di sviluppo ed evoluzione intelligente basate su rispetto, fiducia, affettività sana.

Un lavoro che non è utopia ma richiede tempo, attenzione, cura e accordi tra tutti.

E poi pensieri, riflessioni, progetti tra chi è competente, capace e sognatore.

Non è impossibile.

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IKIGAI

Ikigai è parola giapponese di non semplice traduzione, vediamo come può essere utile aggiungerla al nostro modo di pensare.

Ikigai cosa è?

In Occidente semplifichiamo il senso dell’Ikigai collegando questa parola alla ricerca della felicità.

E’ proprio così? in realtà è un concetto più complesso, pur se relativo al benessere, al sentirsi bene, sereni e soddisfatti.

Per la mentalità giapponese rispetto al buon vivere questo si può già chiamare felicità.

In occidente, nei miei corsi sulla conquista della felicità, mi accorgo che molte persone iniziano il percorso immaginando la felicità come qualcosa di fragoroso, di eclatante, un eccesso di gioia esplosiva che si protrae nel tempo.

Possiamo qui osservare la differenza con la mentalità del Sol Levante che rispetto al benessere è più attenta a richiami sottili:

un esempio

il richiamo di un piccolo uccellino che si sveglia su un ramo infreddolito pigolando dolcemente o il silenzio maestoso di un’alta montagna.

Ma l’Ikigai non è intuitivo da comprendere, si riferisce a una forma di energia, anche quieta ma vitale, capace di sprigionarsi anche dalle piccole cose: basta fare caso ad esse.

Apparentemente un concetto molto semplice ma la fretta, la frenesia, la velocità da cui ci lasciamo catturare mentalmente ci rendono distratti e colpiti dalla superficie delle cose, meno dalla loro profondità.

Un titolo celebre nella letteratura di contemplazione orientale parla di “mente da principiante”, riferito ad uno sguardo curioso, non legato da pregiudizi, forse un po’ tipico della prima infanzia, che posato su qualunque cosa la dota della sua autenticità e quindi della sua bellezza.

L’ikigai non insegue orpelli o ricchezze anzi, nel periodo Edo in Giappone nel 1603 ci fu addirittura uno Shogun Tokugawa che dispose la necessità di astenersi dal lusso.

Questo provvedimento alquanto estremo era dovuto alla sperequazione tra le classi sociali che destabilizzava l’assetto sociale e generava sofferenza in molti strati della popolazione.

Sono passati secoli e vuol solo essere qui un veloce richiamo storico per pensare all’ikigai come una semplicissima attitudine mentale che guidi le nostre azioni e i nostri progetti con le nostre energie verso un benessere genuino, fondato su principi etici solidi.

Per approfondimenti un neurosccienziato giapponese ne ha scritto, si chiama Ken Mogi.

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Jung

Parlare di Carl Gustav Jung oggi, periodo in cui si parla sempre di dati, numeri, tecnologia.

Di virus e di politica, di elezioni presidenziali che sottolineano la politica sordida, di Stati che ancora pensano a fare guerra.

Jung cosa scriverebbe dunque oggi, su questi temi attuali?

Secondo me osserverebbe che molto si evidenzia il Male, l’Oscuro, la Negatività che sempre ha abitato il mondo e la psiche, individuale e collettiva.

Oggi però tutto questo balza alla ribalta più che mai, diviene in primo piano, è il fil rouge di tanti eventi apparentemente lontani tra loro.

Oggi il Male è nei nostri pensieri più che mai, male di salute, con i virus da cui difenderci, Male economico con le crisi finanaziarie mondiali, Male relazionale con gli episodi di violenza, morte, sopraffazione, divisione che quotidianamente affliggono il mondo.

Jung forse potrebbe confortarci ricordandoci di cercare equilibrio tra gli opposti e tra le energie umane che operano per il Benessere ma possono farlo per il Malessere. Ci esorterebbe a guardarci dal pericolo psichico perchè “l’uomo è il più grande pericolo per l’uomo”come scrive nel 1944.

Il tempo della pandemia ha indotto tante riflessioni, privazioni, cambiamenti, mentre alcuni sono diventati ricchissimi, come aziende farmaceutiche o chi si occupa di spedizioni per l’e-commerce.

Ci si trova disorientati e faticoso sempre più tenere dritta la barra del timone, tra contraddizioni e fluidità fuori controllo tra persone e relazioni.

Tanta informazione, diritto civico faticosamente conquistato nei secoli, oggi ci rende bulimici di sapere:

notizie brevi e immediate di dubbia fonte e veridicità che sembrano offrire sicurezza mentre ci rendono sottilmente sempre più insicuri.

Gli attachi di panico sono in aumento e questo ci dovrebbe far riflettere.

Si alimentano paranoie e sfiducia nel prossimo mentre conquista fiducia lo stra-potere del web.

Come ci è riuscito?

Trattandoci come bambini, parlando al Puer in noi mentre ci offriva, negli ultimi anni, tutto e subito, senza pagare il becco di un quattrino.

O meglio qualcosa si paga ma l’obolo per essere iperconnessi alla rete 24 ore per 7 giorni viene percepito come un costo bassissimo o nullo in relazione al supposto beneficio che offre:

Quale è il beneficio ?

nutre senza alcun dubbio una sana sete di conoscere che appartiene all’umano ma sacrifica la profondità dell’informazione sull’altare della superficiale velocità e accumulo, strizzando l’occhio a vizi e virtù, dei più vari entrambi, che vengono alimentati.

La Scharoff ci mise già in guardia col suo studio sociologico in cui ci avvisa: se è gratis il prodotto sei tu…

Che tristezza da adulti pagare monete di cui non si conosce il valore, credendo sia gratis anche per l’anima, come bambini in un supermercato…

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Recovery fund

Recovery fund è la star di questi mesi, è nelle orecchie di tutti ma cosa è?

In buona sostanza si può stringare il concetto nel dire che si tratta di soldi.

Più corretto è dire che si tratta di uno strumento finanziario che la Commissione Europea ha individuato per sostenere le economie degli Stati membri in sofferenza finanziaria per la pandemia mondiale.

Ci ricordiamo dell’Europa, quando parliamo di Recovery fund ma il nostro spirito europeo come sta?

Sonnecchia nell’animo dei più che lo invocano quando si vogliono soldi in primis, anche detti aiuti, sostegni, ristori. Sacrosanta necesità, chi lo potrebbe negare?

E’ la solita idea che la psicoanalisi individua come il Complesso della Grande Madre, ove si chiede a oltranza nutrimento, diritto assoluto possibilmente senza doveri corrispondenti,

O minimi doveri per un diritto senza fine.

Come verso la Madre.

Torno all’Europa e agli Europei, una parola storica che fatica ad entrare nel pensiero identitario di ognuno di noi che viviamo negli Stati del Vecchio Continente.

L’Europa si è costruita nei millenni tra guerre e poteri come ogni libro di storia ci racconta.

Europei oggi significa appartenenza a un insieme grande di cittadini di diverse origini, linguaggi, aree geografiche.

L’identità del proprio paese è più facile e forse è più forte, dopo secoli di battaglie per costituire gli Stati, rispetto all’identità europea.

In America si sentono tutti americani ancor prima che del Texas o dell’Ohio ma qui sentirsi europei è un atto del pensiero prima che un’identità data.

Interessante chiedersi da dove arrivano gli europei, come se lo chiede un libro recente che si occupa di archeogenetica.

Il libro è “Storia dell’Umanità” di J.Krause e T.Trappe.

Sembriamo dimenticarci di essere europeri ricordando invece di essere italiani, curiosa lettura dell’insieme Europa che contiene il sotto insieme Italia.

Ne parleremo più approfonditamente, ora arrivano le Feste natalizie, coi canti rituali sottotono e abbiamo in mente, tra le tante cose, il Recovery Fund.

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COLORI

Colori nel test cromatico di Luscher, un reattivo di personalità predittivo di stati fisio-psicologici, ciò che conta per avere una risposta attendibile e significativamente valida, secondo il protocollo di somministrazione e interpretazione, è il gradimento al colore.

Se il colore viene percepito dal soggetto nello stesso identico modo della percezione della popolazione totale oppure viene percepito, come nel caso delle persone daltoniche, secondo una diversa gamma cromatica, non è determinante ai fini del valore predittivo del test.

Questo perché questo test è concepito per scegliere i colori in base al gradimento per il soggetto, non è un test sulla qualità dell percezione, nè di abilità alla scelta corretta. E’ invece  il grado di preferenza  o di rifiuto; la  capacità di rilevare istintivamente un colore oppure un altro è in termini di contrasto, cioè di risalto tra un colore e il suo sfondo. Si sceglieranno in ogni caso colori luminosi oppure più scuri, di assorbimento della luce.

Ciò perché il test misura il valore che simbolicamente è associato all’unità cromatica e le variazioni fisiologiche che intercorrono quando la retina è colpita da una oppure un’altra variazione di luce.

Per colore ricordiamo che si intende la percezione sensoriale con una determinata frequenza dello spettro luminoso.

In uno studio tedesco si dimostra  che l’anomalia di Deuter (cecità ai colori rosso – verde ) non aveva nessuna influenza nei riguardi della validità della diagnostica del test di Luscher. Di Lothar Steinke   del 1958 ” Il test di Luscher applicato ai disturbi sensoriali cromatici innati”, Clinica universitaria di oftalmologia di Basilea, Svizzera

 In conclusione il test rileva – in base ai colori preferiti e o scartati– e ai vari complessi calcoli di interpretazione e interrelazioni necessari, il grado di anabolismo o catabolismo necessario per l’organismo; il bisogno fisico e psichico viene rilevato dal test, che è di tipo proiettivo, quando ancora non è manifesto a livello cosciente.

Tutto questo ne fa uno strumento eccezionale adatto a tutti, nelle situazioni in cui si desideri avere uno sguardo sulla struttura psicologica, e sulla funzionalità degli stili adattivi, oltre che ottenere una diagnosi e prognosi sugli stati di salute e malattia non ancora evidenti.

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Silenzi

Silenzi di tanti tipi e diversi significati, contemplativi, carichi di emozione, irritanti, imbarazzanti o psicoanalitici.

Questo mi è congeniale, per il lavoro di analista.

Silenzi di attesa, di accoglienza, di condivisione dello spazio relazionale.

A volte i silenzi sono pieni di commozione.

E’ anche il titolo di un racconto breve che volentieri offro ai miei lettori, scritto da un abile scrittore e caro amico, Claudio Maioli, col suo stile impeccabile e di gran classe.

Del racconto mi ha affascinata il rimando alla psiche, turbata dal disturbo che affligge il protagonista che ad un tratto si trova a sostituire idee e parole con un gesto che alla fine ci sorprenderà. Sceglierà il silenzio.

Lo riporto integralmente, su articoli successivi. Graditi tutti i vostri commenti.

SILENZI

«… primi a sparire furono gli avverbi, primissimi quelli in -mente, i più inutili, che ogni volta che uno ti diceva praticamente tu subito a chiedere e teoricamente?, insomma così, tra le tue manie e la lingua sciatta dei più era un inferno e guai se qualcuno suggeriva di darti una calmata, che non erano quelle le cose importanti della vita, ti ci irritavi ancor più, santiddìo… e gli articoli? ti venne ascoltando certi slavi sul regionale, “e mettetelo
diosànto qualche cristo di straccio di articolo, nooo? qualche minchia di preposizione anche, magari, che vi costa? un decimo di respiro in più! eddài! che ci vuole!”, hai pure rischiato, la volta che senza accorgerti pensavi a alta voce e il tizio, manco a dirlo un omone energumeno, ti stava proprio di fronte, avevi quasi le sue ginocchia in bocca e comunque sopra le tue che va da sé erano parecchio più in basso, braccia più grandi delle tue coscette pavide, braccione vistose tatuate, manco a dirlo, grosse grosse che
ci stavano pure tutte e tre le guerre puniche o l’arazzo di Bayeux o la conquista traiana della Dacia, hai visto mai che è romeno, che anche loro, certi di loro risparmiano sugli articoli… e allora se così ha da essere eliminiamoli, no? no, non gli slavi o i romeni, gli articoli… e poi i verbi, gli aggettivi, insomma tutte le parti del discorso…» Così ha inizio un training continuo, ostinato, tra lui e il mondo c’è un diaframma solido e spesso quanto trasparente, non di acquario – i moti non sono più fluidi di prima, quel ch’è a scatti resta a scatti – ma il suono: il suono resta dall’altra parte. Filtrano invece gli odori.
Questo fu prima. Quando un treno preso per caso divenne irrinunciabile. Da allora e fino alla fine di quella vita – che numero era: la sua terza, la sua quarta? – , stessa tratta stesso orario, giorno dopo giorno.

«… ora sei qui che inali, hai deposto gli sdegni orto-sintattici e inali miscele di calce, sudore, tabacco, rudità e cattiva colonia, dita grosse ruvide, qualcuno segnato di striscio dal frullino, salde sui poggiabracci, li guardi non visto, così credi, e quanto vorresti almeno una mezza occhiata anche di sguincio.”

Lite breve e intensa, turbini normanni, Guglielmo I a guidarli in Albione tra Dacia e Cartagine, braccia sedate presto da un uomo in divisa, braccia avvolte nella Storia inconsapevoli come lo è il pesce del suo cartoccio, l’aria si mescola, scappa qua e là un po’ condizionata e un po’ no dai finestrini senza sigillo e torna con l’aroma aggiunto dei ferodi mentre
la ventola cigola incerta e tra gli scrocchi si annuncia un ritardo.
Afrore. Giurerebbe che fosse un tabù, la lista proibita di parole che mai e poi mai al mondo. Eppure eccolo nella coscienza. Un segnale. Quasi si perdono i sensi. Si cambia ancora.
Ma non sa quanto né per quanto né per dove.
E un giorno arriva qui.



Foto di Mystic Art Design da Pixabay

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Effetti quarantena

Quali effetti di qurantena il periodo appena trascorso ha su di noi?

Avevo già fatto riferimento alle ricerche in Antartide.

Ricordate? i ricercatori universitari del mondo interessati all’astronomia, alla glaciologia, alla fisica dell’atmosfera e alla sismologia si trasferiscono volontariamente in regione antartica, dove la Base si chiama Concordia (interessante il nome, vero?).

Base di ricerca scientifica in Antartide

Volontari, a differenza di noi che che in quarantena non lo eravamo ma subiscono temperature esterne anche a -80°, buio costante e raffiche di vento che impedicono di uscire.

La mente e il corpo di queste persone subiscono effetti negativi e lo studio di questi parametri può essere utile per capire meglio quali facoltà umane è necessario nutrire.

Ebbene, quando si è costretti dalla situazione ad isolarsi dai propri cari e restare confinati nello stesso ambiente sempre con le stesse persone, lo studio ha evidenziato innalzamenti del picco di cortisolo, il nostro valore ematico che segnala stress.

Inoltre l’espressione genica e l’umore dei partecipanti sono risultati alterati e gli effetti non scompaiono all’immediato termine della missione e rientro a casa.

Tuttavia i vari studi condotti sono in grado di dirci come contrastare gli effetti di isolamento prolungato:

il tratto di personalità relativo all’ “attaccamento sicuro” predispone a ritenere di saper superare condizioni di difficoltà.

Inoltre fiducia interiore e sicurezza in se stessi sono risultate essere le caratterisctiche principali per adattarsi e superare condizioni di stress prolungato, come quello dei ricercatori che si trovano a poco più di 1600 Km dal polo sud.

Sono proprio risposte biologiche a cui siamo giunti dopo milioni di anni che caratterizzano le possibilità umane di resilienza.

I risultati di queste ricerche ci permetteranno di capire cosa aspettarci dalla popolazione mondiale sottoposta allo stress della pandemia.

Ancora dubbi sull’importanza di coltivare fiducia in se stessi risoluta e vigorosa?

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ROSA ROSAE

La rosa sempre ha rappresentato sentimenti. Dall’amore, all’orgoglio (le rose gialle), all’affetto. E’ un simbolo chiave.

In una famosa lettera che Galileo Galilei ricevette dalla figlia amata si legge questo passo: Molto illustre e Amatissimo Signor Padre (…)per maggiormente regalarLa, gli mando una rosa (…), figliuola Affezionatissima Suor Maria Celeste.

Angelus Silesius fu un mistico del ‘600 che diede un titolo particolare ad una composizione per canto soprano, mezzosoprano, tenore, basso e orchestra.

Il titolo è “la Rosa è senza perchè” e nel brano se ne sottolinea tutto il contrasto tra la bellezza e la dolcezza da una parte e il dolore provocato dalle sue spine.

Fu scelta dalla giovane figlia di Galileo evocando un gesto d’amore inscindibile dal dolore e dalla sofferenza, durante il processo e la condanna del padre.

Val la pena scrivere ancora qualche parola di questo testo toccante ed espressivo:

“la rosa è senza perchè

fiiorisce perchè fiorisce,

a sè stessa non bada,

che tu la guardi non chiede”

Delicate le parole, delicata la voce che le canta, delicato il fiore stesso.

Perchè ne parliamo ?

perchè a novembre ci sono fioriture tardive autunnali di rose, anche il Roseto Comunale della capitale ha riaperto i suoi cancelli alla visita prima delle piogge forti di questi giorni.

Guardare una rosa invita ad accostarsi ad essa, per sentire se c’è il profumo, per assaporare meglio il velluto dei suoi petali.

E così ci si può incantare un attimo come si fosse su un altro pianeta, dimenticando tutto, scivolando dentro la rosa, nella sua perfezione.

E questo processo attiva nel nostro cervello organico una serie di trasmissioni dai recettori periferici attraverso i nervi visivi, olfattivi e attraverso memorie sensoriali ed emotive.

Perchè una rosa sa emozionare, sa fermare un istante e funziona come una piccola meditazione:

provate a chiudere gli occhi durante la prossima meditazione e visualizzate una rosa, o tante in un cespuglio o tanti mazzi ad una festa.

O le rose recise al banco del fiorista, che sembrano chiamare il nostro sguardo solo per offrire ad esso un’emozione minima, gratuita.

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arte e psicologia

arte come aiuto psicologico se siamo padroni del nostro timone di vita.

L’arte ci dà una mano perchè ci dilata lo spazio mentale e arricchisce lo sguardo e le sensazioni migliori.

Nell’arte del secolo XVI abbondano esempi di ridondanti giardini affrescati, immagini di frutti e piante tratte dalla rigogliosa natura o dagli erbari che si curavano con attenzione.

Questa arte che colora il nostro sguardo che effetto produce sul nostro mondo psichico?

E’ interessante sapere che il nostro sguardo può nutrirci profondamente o al contrario denutrirci in modo preoccupante.

Non è neutro sulla nostra mente ciò che guardiamo, ciò su cui indugiamo con lo sguardo: può lasciare tracce salutari o cupe espressioni interiori che sul piano inconscio lasciano tracce negative.

Perchè?

Proprio come una medicina se prendiamo quella giusta ne avremo beneficio ma se assumiamo quella sbagliata gli effetti negativi saranno pesanti.

Così l’arte con le sue espressioni variegate è un prezioso alleato per la nostra salute interiore e priva di controindicazioni si lascia ammirare come una splendida dama che cattura la nostra attenzione e i nostri sensi.

L’arte antica abbondava di riferimenti al bello, con l’ausilio della mitologia, a scenari arcadici, paesaggi evocativi di mondi felici.

Ninfe e Dei raffigurati dall’arte tra acque e verdi colline, seduti su tronchi d’albero e nascosti tra fronde e rupi che simboleggiavano, quando vennero dipinti, potenti forze archetipiche.

Tuttora ai nostri sguardi le simboleggiano: la rappresentazione che ce ne facciamo interiormente trova spazio nei recessi della mente, e ci parla il linguaggio dell’eterno, che è il linguaggio dei miti.

Incontriamo la potenza divina, l’Amore, l’Inganno, lo Scherzo, la Trasformazione, il Sonno, e con lo splendido Tiziano alla Galleria Borghese di Roma ecco per noi l’Amor Sacro e Amor Profano. 

Si mostrano con l’arte figurativa sui grandi affreschi rinascimentali Narciso, Demetra e Core, Dei e ninfe, Eros e Thanatos  nella lotta continua delle pulsioni che incontriamo tra i nostri sogni e sul lettino dello psicoanalista..

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