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Passeggiata

La passeggiata di Robert Walser è un testo celebre pubblicato nel 1919.

Perchè parlare oggi de “La passeggiata”?

Oggi che i libri di svago sono caratterizzati dal nostro tempo odierno lacerato, triste, drammatico, veloce, angustiato?

Un tempo di drammi e romanzi tragici, di storie di efferati delitti e gorghi mentali spaventosi.

Probabilmente ogni tempo ha avuto i suoi racconti oscuri, pesanti da mandare giù, noir o semplicemente duri e aspri.

La letteratura del resto riflette come uno specchio fedele proprio il tempo in cui l’autore riesce a collocarsi.

Se pensiamo ai racconti di Poe c’è poco da stare allegri ma l’immaginazione e il tocco irreale e fantastico trasportano i lettori in lungo e in largo.

Walser, nella sua passegiata, ci trasporta con lui, nella sua Svizzera e con lui ci pare di incontrare avventori strampalati, viali alberati tra lame di sole che lasciano una dolce luce tra le case basse e tranquille che si incontrano lungo il cammino.

La campagna di Walser sembra fuori dal mondo, lui stesso passeggia come svago profondo, in un vagabondare dello Spirito che si fa archetipo di un passaggio libero dalle ambasce del quotidiano vivere.

Questo testo, agile libro di un secolo fa, può ancora essere interessante?

Per contrasto alla vita di fretta, alle uscite con un preciso scopo, alle incombenze che attanagliano tutti, la risposta è sì.

Interessante perchè disegna ai nostri occhi un paesaggio interiore di assoluta calma e di curiosità pacifica.

Perchè lascia intuire uno spazio dedicato all’incontro con l’altro.

Perchè tra ironia e incontri bislacchi ci rilassa come se anche noi, con l’autore, lo accompagnassimo nella sua passeggiata, senza meta.

Uno stralcio:

“Ciò che vedevo era insieme povero e grande, piccolo e colmo di significato, leggiadro quanto modesto, buono quanto caldo e amabile.

Particolare gioia mi dettero due case, che nella chiara luce solare se ne stavano l’una accanto all’altra come due figure a riscontro, vive e cordiali.

Attraverso la lieve affabilità dell’aria, delizia si avvicendava a delizia, passava un tenue tremito di piacere.

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Capodanno

Capodanno è in arrivo veloce, appena passato Natale.

é un segno di passaggio che ogni tradizione festeggia a su modo, affidando speranze, aspettative e desideri al tempo che verrà.

Capodanno è il nostro futuro, tacito e speranzoso.

Nella Svizzera dell’Appenzella si festeggia un Capodanno di antica tradizione pagana il 13 gennaio di ogni anno.

Qui racconto il Capodanno della regione svizzera tra le montagne innevate perchè particolarmente suggestivo.

Arrivano degli alberi in movimento, che nascondono nella corteccia socchiusa uomini adulti e forti, la chioma ricca esprime la vita che procede, nel freddo e rigoroso inverno, verso la prossima stagione.

Si fermano davani ad ogni porta del villaggio e iniziano a danzare in cerchio, piuttosto buffi perchè goffi, appesantiti dall’abito di albero, fronde e corteccie.

Anche il viso è nascosto ma dalle case le donne ammirano le danze poi offono del vino o simile bevanda riscaldante.

Come fanno a bere se hanno il volto nascosto nella corteccia dell’albero? E’ un baldacchino imponente e la vestizione e un rito da cui non è semplice uscire …

così c’è una apertura all’altezza degli occhi e della bocca, nella quale le donne inseriscono una cannuccia ricurva per poter bere.

Felici e riscaldati gli alberi-uomo avanzano verso la prossima casa.

Sulla piazza poi vi sono altre figure di Capodanno vestite stranamente: una acconciuatura sul capo alta e larga corca 60 cm o più, mostra un teatrino di piccoli personaggi intagliati nel legno e dipinti con vivaci colori.

Una specie di gran cappello, su un abbigliamento che probabilmente ricorda un abito da festa dei villici.

Si cammina, si danza, si beve, e si augura in tedeco ogni fortuna!

Una festa originale dell’entroterra svizzero, suggestiva, tra neve e gelo e svariati bicchieri che rendono le persone vivaci e molto allegre, diciamo così…

Uno spettacolo speciale, gran festa per grandi e bambini.

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