ESTATE
Tempo indolente l’Estate. Invita a pensare leggero, alla mobilità del nostro essere.
Eppure è tempo pigro che, come fanno i gatti, ci suggerisce riposo, alla luce se non al sole, allungandoci senza stress.
Sono lunghe le giornate di sole, si fanno lunghi i nostri tempi perché sembra che le giornate riescano ad accogliere più cose del solito.
Così anche le serate, che si caricano di esperienze condivise, di profumi, di luoghi in cui andiamo a sostare assaporando quel che c’è.
E cosa si trova, dentro l’estate?
Spesso la sensazione di possibilità vicine, probabilmente dovuta alla sensazione di avere più tempo, possibilità che si aprono al nuovo.
Così esplorare nuovi luoghi, a volte solo con i pensieri, mete da raggiungere, a volte molto lontane, a volte distanti soprattutto come modo di vivere.
Fantasie di nuove conoscenze, nuovi amici, nuovi amori, nuovi incontri, nuovi luoghi, nuove esperienze…
Questo ci porta l’estate, frammisto al caldo e alla nostra insofferenza ad esso: apre le porte alle serate in cui il tramonto si tinge di arancio e illumina di sfumature rubino terrazze, aperitivi, sorrisi.
E’ un tempo caro l’Estate se non ci lasciamo cadere nella spirale del pensiero insofferente che subisce il caldo afoso e si abbatte.
Se lasciamo che resti socchiusa la porta del nuovo e anche lo specchio può rimandarci ogni mattina il piccolo nuovo che siamo riusciti a lasciar depositare sulla pelle: qualche volta scuriti leggermente dall’esposizione al sole ci si può sentire diversi e senza meno più belli.
La vita all’aria aperta se pure non ci dà l’abbronzatura così fashion ci regalo un aspetto più sano, in cui tutti i nostri pori hanno respirato più vita attraverso passeggiate, sport, immersioni nelle acque marine e non, respirando più vicini alle vette montane.
E poi feste alla sera, con lanterne cinesi accese che traghettano desideri verso le alte vette dei cieli e musica di ogni tipo che sembriamo più disposti ad ascoltare con molto gusto …
Buona estate allora …
libro delicato
Il titolo è delicato come la primavera: Un incantevole aprile
Si tratta del titolo accattivante di un bel romanzo pubblicato nel 1922 da una scrittrice che amo molto, Elizabeth Von Arnim,
Questo è lo pseudonimo di una donna emancipata australiana nata nella seconda metà dell’800.
Cugina di Catherine Mansfield già questo ci porta all’atmsfera neozelandese, alle atmosfere rarefatte di quelle terre, per noi lontane ma suggestive. Ai nostri antipodi.
Non agli antipodi però questo carattere femminile forte, di donne coraggiose entrambe.
In quegli anni il femminile viveva una condizione sociale fortemente discriminata e alcune grandi scrittrici hanno deciso di raccontare il loro moderno punto di vista.
Un punto di vista vicino al cuore delle donne vere e delle donne immaginate, indomite, forti e piene di idee e di coraggio.
Si spostavano attraverso continenti, in interminabili viaggi via mare, per approdare a Londra, in quegli anni luogo simbolo della cultura e di una forma di emancipazione.
O comunque di possibili affrancamenti dal silenzio in cui l’Anima femminile viveva relegata.
Elizabeth ha dato titolo “Un incantevole aprile” a questo suo pregevole romanzo carico di suggestioni “fiorite” che ci porta dentro la primavera, cuori sensibili e emozioni brillanti come stelle nel cielo primaverile.
Quattro donne inglesi animano questa storia, scorrevole in apparenza ma sostenuta da una trama delicata e articolata in cui l’amore e la sua capacità di essere “miracoloso” sono il registro principale.
L’animo di queste protagoniste è il nostro animo di oggi, pronto a cercare di farsi rispettare e dolente quando l’amore offerto non viene ricambiato .
La vicenda si svolge in un luogo incantato dalla primavera in una Liguria accesa di fioriture, in cui le donne, incontratesi grazie all’intraprendenza di una di loro, trascorrono una vacanza per rigenerarsi e ritrovare se stesse.
Per gli amanti del glicine e del sole…
è questo l’incipit di un annuncio che dà avvio alla storia
Ansia e serenità
L’ansia è più diffusa della depressione?
Almeno nella mia esperienza professionale, sono moltissime le persone che combattono la propria ansia.
Per la sua manifestazione così sgradevole e spesso egodistonica, perché rende tesi, agitati e perennemente preoccupati.
Preoccupati a buona ragione o senza alcun motivo, oltre misura, fuori controllo.
Se la preoccupazione diventa esagerata e governa il tempo psichico e i pensieri, allora possiamo parlare di stato d’ansia.
Se trascurato lo stato d’ansia cercherà di sedarsi, cercherà una tregua a questa condizione che attanaglia
E cosa accadrà per sedarsi?
A volte si creano sintomi e segni del quadro ossessivo compulsivo, i pensieri si fanno ripetitivi, reiterati e soprattutto incoercibili.
Sembra che i pensieri governino la mente, i gesti, il corpo e la persona tutta intera, una condizione definita intollerabile da molti pazienti. Allora il gesto compulsivo che obbliga a quella specifica azione sembra un’ancora di salvezza ma sarà una vittoria di Pirro.
Nel senso che dall’ansia andiamo dritti verso il comportamento ossessivo, a volte fobico, nel tentativo di controllare… tutto.
L’idea di controllare è votata a sconfitta perché un desiderio di controllo che scaturisce da un disturbo non è un desiderio ma è un sintomo. Sintomo di ansia.
Controllare nasce dall’idea di escludere dalla propria esperienza qualsiasi imprevisto e ovviamente non sarà mai possibile.
Così ci si vota alla sconfitta mentre ci si condanna a una vita frustrante, preoccupata, impaurita credendo che se solo riuscissimo a controllare meglio e di più si starebbe meglio.
Non è così.
Per stare meglio occorrerà capire cosa sta succedendo nei propri pensieri, nelle proprie sensazioni, nello stato d’animo.
Occorrerà ascoltare la storia che la mente sta narrando a se stessa, spesso una storia fatta di sentimento e quale sentimento?
Quello di non sentirsi in grado, di non sentirsi all’altezza delle situazioni, quello di credersi inadeguati o non capaci di qualcosa.
Ricordiamo però che credersi così, non è esserlo realmente.
Ansia o depressione?
Ansia è la parola che usiamo spesso per descrivere il nostro stato d’animo inquieto.
Spesso non si tratta di ansia come categoria nosografica psichiatrica però ci sentiamo agitati, carichi di tensioni e in uno stato di sgradevole preoccupazione.
Vorremmo che una specie di bacchetta magica ce la scrollasse via di dosso.
Che fare?
L’umore si fa ancora più inquieto e facilmente diventa uno stato di malinconia diffusa.
Tristezza, malinconia e siamo pronti per dichiararci in preda a depressione.
Ansia e depressione sono due termini purtroppo tristemente diffusi, è il caso di dirlo, ma molte volte non siamo realmente colpiti da questi disordini affettivi come la psichiatria li ha descritti e classificati.
Probabilmente non abbiamo bisogno di farmaci.
Cosa possiamo fare allora?
Sicuramente provare ad ascoltarci, in silenzio e quiete, se ci è possibile, prestiamo attenzione e ascolto interiore a cosa sta succedendo dentro noi stessi.
Potremmo renderci conto di aver sempre desiderato qualcosa che ancora non abbiamo raggiunto o di aver bisogno di qualcosa che mai è stato nostro.
Forse il senso di sentirsi al sicuro, protetti, non così esposti al mutevole variare degli eventi.
Invece forse potremmo incontrare dentro di noi un ricordo di qualcosa che in questa fase della nostra vita non è più con noi.
Non è semplice decodificare nei suoi elementi costituenti lo stato complesso che qualifichiamo come ansia o come depressione e possiamo anche confondere questi due diversi modi di essere della psiche che a volte si presentano insieme.
Cosa ci gioverà?
Senza alcun dubbio trarremo un giovamento, anche piccolissimo, dal dedicare qualche istante all’ascolto interiore.
Non fuggire quindi dallo stato difficile e doloroso ma cercare di “stare con” il nostro stato d’animo, non abbandonare noi stessi, non ignorare quello che la nostra psiche sta cercando di segnalarci.
Respirare sarà un altro piccolo aiuto che possiamo dare a noi stessi, con calma e lentamente.