Serie tv violente in quantità, viviamo in un tempo carico di violenze vere, non solo emotive, psicologiche, autoinflitte ma violenze fisiche gravissime, come la cronaca ci informa puntualmente.

Leggiamo che violenze vengono denunciate in ambito dell’infanzia, degli anziani, delle famglie, delle donne, dei prigionieri di guerra o di civili innocenti in paesi in guerra…

Le categorie più fragili e più indifese sono colpite, forse da sempre ma ora ne siamo molto ben informati e una riflessione può tornare utile.

Per capire meglio cosa succede, in che mondo viviamo e prepariamo per le future generazioni e per trovare uno spazio interiore consapevole, libero da paure, e sicuro per il nostro equilibrio psicologico.

In questo quadro desolato negli ultimi anni abbiamo visto moltiplicarsi l’offerta di servizi di intrattenimento televisivo centrati su elementi che possiamo ricomprendere nel true crime.

Le famose serie tv violente sono seguite da molti, oltre una comprensione dei motivi che spingono i fruitori ad un relax televisivo fondato sul crimine.

Perchè mi piacciono le serie tv violente?

Intanto è un mercato che “tira”, come si dice in gergo e quindi l’offerta a buon mercato ingozza lo sguardo e la mente di chi si lascia coinvolgere.

Costa davvero poco all’apparato tv mandare in onda questo tipo di format, acquistati forse in America, dove molte persone girano armate e alcuni Stati vige la pena di morte.

Ma non sono solo di matrice americana, si vedono in tv prodotti di violenza e crimine anche prodotti o girati o lavorati in paesi d’Oriente.

Non sono tutti i paesi, naturalmente non quelli che storicamente vivono tradizioni spirituali o di avanzato livello culturale e scientifico.

Anche se non è proprio sempre così lineare la cusa-effetto.

Ma perchè guardiamo il crimine in tv? Se non sono finzioni televisive sono programmi che ripropongono cronache dettagliatissime di orrori e violenze efferate.

Non passa giorno che qualche canale non ce le fornisca ad ogni ora del giorno e della notte

Assassini, serial Killer, omicidi, polizia ecc. ecc. sono lì a riempire incauti sguardi e di conseguenza la mente di chi sceglie di trascorrere il proprio tempo così.

Il proprio tempo sì, quella ricchezza enorme ma non infinita che abbiamo in dote nella nostra vita.

Questo voyerismo della violenza cosa attira di noi spettatori?

Certamente l’idea che il cervello che ospitiamo dentro la nostra testa sia un enigma e la fantasia di poter capirne i comportamenti, come una bramosia che ci vuole far capire come funziona il pensiero criminale, rassicurandoci che il nostro non è così.

L’angoscia, la paura, non sono estranee a nessuno e meno si conosce come funziona il cervello, come se ne determina la crescita e lo sviluppo, come passa all’azione, più si cerca di limitre questa presunta oscurità del pensiero.

Tutti i casi in cui la ferocia è compiuta da colui che viene detto da chi lo conosce “un bravo ragazzo”, senza comprendere i segnali minimi che ci sono nelle varie sfumature di comportamento verbale e non.

Immedesimarsi crea l’illusione di poter avere il controllo dei propri lati oscuri, quando non c’è desiderio di conoscersi meglio, conscio e inconscio.

Studi dimostrano che disfunzioni neurobiologiche nella regione cerebrale dell’amigdala si ritrovano nei fatti delittuosi, l’amigdala controlla gli impulsi, le emozioni arcaiche, l’aggressività.

Un mix molto grave.

La criminologia individua in un disturbo della personalità certi atti violenti, narcisismo patologico che manipola senza conoscere rimorsi ne sensi di colpa.

La violenza di cui parliamo implica sempre che ci sia un altro e la relazione che abbiamo instaurato.

Anche contribuito ad instaurare.

Anche nelle sparatorie verso chiunque, da parte di squilibrati gravi, l’Altro sconosciuto è entrato in quel pensiero malato come elemento persecutorio, da eliminare, trasformato in fantasie da panico.

Concludo esprimendo che aiuterebbe questa grave deriva delle relazioni umane una miglior conoscenza dei modi in cui le persone imparano a relazionarsi, ad enrare in contatto e così nutrire il Sè e l’ALtro.

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