Sai cosa esprime il tuo tatuaggio?
è un’espressione della tua identità psicologica, riporta nei tratti grafici qualcosa che parla di te agli altri. Sul corpo disegni, identità espresse da simboli vistosi o appena visibili. Come Maori. La pelle scoperta mostra qualcosa di sè, raccontato simbolicamente da un simbolo; grafismi sulla pelle, tatuaggi, che in questo periodo estivo è più facile vedere su giovani e non, donne e uomini. Si stima per approssimazione che in Italia circa un milione siano le persone che ricorrono a questa forma di “Body art”.
Perché noi gente moderna e post moderna decidiamo ancora oggi di farci un tatuaggio? Quale è il significato psicologico di questa antichissima pratica, oggi che la nostra epoca tecnologico-scientifica sembra allontanarci da usanze del passato?
Sappiamo tutti che alcune popolazioni tribali sfoggiano tatuaggi cerimoniali o incisioni sul corpo destinate a cheratinizzare il mesaggio simbolico sulla pelle, con scopi di iniziazione, oppure propiziatori, o di appartenenza a caste o gruppi sociali.
Da noi, sulle nostre spiagge fanno bella mostra di sè i disegni più svariati per motivi non così comprensibili e soprattutto non uguali per tutti: c’è chi ricorre al tatuaggio per abbellire, oppure esprimere la propria appartenenza a un gruppo, o comunicare una propria emozione simbolizzata, se pensiamo a cuori trafitti o al nome della persona amata, sempre evergreen.
L’idea di disegnare sul corpo che diventa la nostra tela da pittore elettiva è antichissima: il tatuaggio era uno strumento per esorcizzare e superare simbolicamente la paura della morte, con il suo rituale, il dolore fisico e forse un residuo di questa funzione è ancora presente in alcuni, a livello inconscio.
Attualmente la funzione più ricorrente è quella di comunicazione, attraverso simboli e creatività artistica di qualcosa del mondo affettivo della persona che sceglie il tatuaggio; a volte cerca di esprimere l’idea di un legame che vuole essere eterno e indelebile, come il tatuaggio stesso; la negazione di una fine o di un distacco; una pretesa di eternità, legame con una persona o evento che la figura o parola scelta si propone di rappresentare.
Ho visto tatuato in grande, sul braccio di un ragazzo ventenne, un nome di uomo un po’ desueto, non un nome giovane… e infatti il ragazzo racconta che è il nome di battesimo del nonno, che non c’è più, una perdita vissuta con gran dolore a cui si cerca una reazione forte che si allinei con la propria anima ferita.
Viene da pensare che non ci si senta in grado, sopraffatti da alcune esperienze intense che la vita riserva, nel bene come nel male, di affidarci alla nostra memoria emotiva come custode speciale degli affetti; che non si senta la confortante fiducia che alcune cose restano con noi, diremmo “scolpite”, altro che tatuate!
Però è presente anche una più semplice funzione estetica, di abbellimento di sé, mentre la funzione di trasgressione, di infrangere un tabù sociale si dice ormai superata. Indubbio il legame tra il tatuaggio e l’identità di chi lo porta, che ne risulta quasi sottolineata e rafforzata, trovando un’espressione di sè stessa soddisfacente attraverso i simboli che sceglie; ed i simboli, come spiega Jung, sono “catalizzatori di energia psichica
Spesso il tatuaggio è vissuto come costruzione di una immagine di sé positiva e compare in tal caso in persone che non hanno completa chiarezza sulla propria identità emotiva profonda e attraverso il motivo impresso sulla pelle rispondono all’esigenza di rivelare qualcosa di sé e contemporaneamente “fissare” la traccia del sentimento sfuggente dell’ identità.