Solo un breve cenno di commiato a Vera Slepoj, stimata collega che in questi giorni ci ha lasciato, in circostanze che gli inquirenti stanno esaminando.
Era nota e apprezzata nella comunità scientifica Vera Slepoj, psicologa e psicoterapeuta della vecchia guardia, laureata nel 1977, quando la psicologia insegnata nelle Università italiane aveva un sapore del tutto diverso.
In quegli anni molto spazio dell’insegnamento era riservato alla psicologia dinamica, cioè la psicologia del profondo che studia, esamina, interroga, l’inconscio.
I grandi nomi della Psicoanalisi si rendevano noti agli studenti attraverso i diversi docenti che erano legati all’una o all’altra scuola di formazione, epigoni dei Padri della Psicoanalisi.
Vera Slepoj in quel periodo si prodigò su vari settori della psicologia, in quegli anni disponibili ad accogliere nuove idee, progetti, interventi;
fu tra i primi a comparire in Tv, concedeva interviste, scriveva per pubblicazioni anche divulgative per far conoscere la psicologia al pubblico.
Allora, ben più che adesso, era opinione diffusa che servisse solo ai “matti”.
Credo che la collega Vera Slepoj abbia contribuito notevolmente a far conoscere le reali caratteristiche della psicologia e le sue potenzialità nello sviluppo delle persone, nella crescita interiore e quindi nel benessere personale e collettivo.
Ho un piccolo ricordo personale, negli anni in cui nasceva la Legge dello Stato che ordinava la professione di psicologo, la L. n.56/89 e di seguito stabiliva i criteri di legge per essere qualificati come psicoterapeuti.
Sono passati 35 anni da allora ma ricordo perfettamente il clima di confusione totale, di sovrapposizione di comunicazioni istituzionali tra i nascenti Ordini professionali da eleggere, poi neo-eletti.
Occorreva stabilire regole interne di accesso legalizzato alla profsssione, di tutela alla cittadinanza e agli psicologi, di contrasto all’abuso professionale.
Non era semplice districarsi tra consuetudini non ancora definite, tempi stretti in scadenza, presentazione di documenti di cui non si riusciva a capire l’essenzialità, o meno, ai fini delle graduatorie di iscrizione.
Ebbene in tutto questo la collega Slepoj, da Padova dove si era formata, viveva e lavorava, venne a Roma ad uno sportello appositamente predisposto dall’Università, forse fu anche lei tra i promotori.
E da lì generosamente e gentilmente elargiva spiegazioni, da persona addetta ai lavori anche istituzionali e burocratici, a noi più giovani colleghi, neo-laureati e sperduti già tra le maglie di un apparato burocratico nascente che già mostrava il volto oscuro della burocrazia.
Era una professione nascente, non esistevano nemmeno gli psicologi nei servizi pubblici ma solo liberi professionisti, molto distanti per forma mentis dalle incombenze istituzionali, giustissime ma da attuare in tempi velocissimi.
E non dimentichiamo che a fine anni ’80 del secolo scorso la velocità non era quella di oggi.
Vera Slepoj con calma e sorridente ci aiutava a capirci qualcosa. personalmente l’ho sempre ricordata per quei brevi incontri con gratitudine.
Già allora era predisposta a risolvere problemi.
In seguito si è distinta per professionalità declinata nei più ampi contesti, lasciando dietro di sè il ricordo di un tempo della psicologia in cui i pazienti erano presi in carico con dedizione e … possiamo dirlo ? con amore, nel senso più ricco che questa parola può assumere, difronte alla sofferenza.
Tra le tante etimologie di amore scelgo qui, per salutare Vera nel suo viaggio, quella che fa risalire la parola amore ad a-mors…senza morte…