GRATIS
Gratis…. Che parola dal suono frusciante e seducente!
Dall’etimo latino contiene in se stessa anche una evocazione di “grazia” ma si riferisce come tutti sappiamo alla gratuità, al non dover nulla in cambio.
Il contrario del “do ut des” ma anche meno affidabile.
Stiamo vivendo tempi incerti, la solidarietà e la generosità in parte ci sono e in parte ci vorrebbero senza limite, probabilmente.
Prima della pandemia mondiale del Covid 19 è uscito un testo scritto dalla sociologa americana Shoshana Zuboff che ci lascia una articolata riflessione sulla gratuità.
Il suo studio colto e approfondito dopo decenni di ricerca accademica è relativo alle nuove tecnologie ed in particolare l’accesso indiscriminato alla rete internet per tutti.
Infatti sottotitola: “il futuro dell’umanità nell’era dei nuovi poteri”.
Autorevole il parere dell’autrice che insegna alla Harward Business School e si occupa delle trasformazioni dell’era digitale.
Perchè occuparcene in un blog di psicologia?
Perché apre la riflessione a nuove forme di dominanza, simili ad un sistema capitalistico, in cui senza accorgercene pienamente siamo al servizio dei più forti, ricchi e potenti della terra.
Ci rendiamo schiavi ricavando solo l’effimero perché l’astuzia di tenere così tante persone, così tanta umanità, legata a stretto filo ad internet è basata sui bassi costi. Così bassi per noi, sul filo del gratis.
Internet ci viene “venduto” come un paradiso gratuito, in cui essere felici, giocare, intrecciare relazioni, avere molto ma soprattutto averlo subito.
Ci riescono perché qualche genio ha ben capito su quali bisogni delle persone fare leva, offrendo in pochi anni la possibilità ormai per tutti di avere molte cose gratis, vero o no che alla fine risulti.
La frase davvero geniale della sociologa, secondo me, è la seguente: “se è gratis, il prodotto sei tu”.
Pensateci.
E potete rialzarvi se siete caduti dal pero.
E’ una realtà di cui non ci si rende conto immediatamente, abbagliati dal miraggio del gratis subito e forse tutto, sicuramente molto.
L’intera navigazione internet, tutto l’utilizzo della rete, ha per gli utenti costi ridicoli e ci tiene al laccio molto ben stretti, e ben sorvegliati.
“Il Capitalismo della sorveglianza”, è il titolo, se volete viaggiare (sulla rete) informat…i
SILENZI 2
Riporto qui – come promesso – il seguito con il finale del racconto breve di Claudio Maioli dal titolo “Silenzi” e vi dirò successivamente perchè ci interessa questa storia di inconfessati Silenzi
Fende l’aria con gesti larghi di un braccio teso, le dita della mano, prima aperte, si stringono bianche nel pugno, fa così per un’ora, un’ora e mezza ogni mattina, cerca di acchiappare le idee, mi spiegano,
Le idee di chi, domando,
sue, soltanto le sue, a questo ci tiene molto,
Ma le cerca in uno spazio comune, chi gli garantisce che non si mescolino a altre,
La mano, le dita, osservi il movimento con attenzione, vede, non si chiudono come a trattenere un insetto, si ripiegano, piuttosto, come obbedendo a un’articolazione precisa, meccanica, le antenne di un satellite che tra tante lunghezze d’onda ne afferrano solo alcune, quelle su cui sono fuggiti, non ricorda quando, i suoi pensieri,
È tanto, Cinque anni, si presentò volontario, prima che fosse tardi, disse, ci pensammo un bel po’ prima di accoglierlo: sobrio, elegante, giacca e cravatta, borsa di cuoio, poteva essere un collega o un ispettore del Ministero. Chiede un colloquio, gli capito davanti io,
Prego, si sieda,
No, grazie,
posa la borsa sul tavolo, la apre e la rovescia: completamente vuota salvo per una busta in bianco, resta immobile qualche minuto poi mi volta le spalle, muove un passo e comincia coi gesti. Da quel giorno, più una parola.
Leggo e rileggo i fogli nella busta in bianco, da quel giorno li leggo ogni giorno che si leva su questa Terra. Li leggo e li ripongo. Poi saluto e esco. «Per oggi basta,» mi dico ogni giorno che cade sulla Terra. Mentre mi allontano sto per alzare un braccio teso. Mi trattengo. Basta, per oggi basta. Affretto il passo verso il cancello.
Così termina il racconto, scrivete i vostri commenti e al prossimo articolo ne parliamo più diffusamente.
Silenzi
Silenzi di tanti tipi e diversi significati, contemplativi, carichi di emozione, irritanti, imbarazzanti o psicoanalitici.
Questo mi è congeniale, per il lavoro di analista.
Silenzi di attesa, di accoglienza, di condivisione dello spazio relazionale.
A volte i silenzi sono pieni di commozione.
E’ anche il titolo di un racconto breve che volentieri offro ai miei lettori, scritto da un abile scrittore e caro amico, Claudio Maioli, col suo stile impeccabile e di gran classe.
Del racconto mi ha affascinata il rimando alla psiche, turbata dal disturbo che affligge il protagonista che ad un tratto si trova a sostituire idee e parole con un gesto che alla fine ci sorprenderà. Sceglierà il silenzio.
Lo riporto integralmente, su articoli successivi. Graditi tutti i vostri commenti.
SILENZI
«… primi a sparire furono gli avverbi, primissimi quelli in -mente, i più inutili, che ogni volta che uno ti diceva praticamente tu subito a chiedere e teoricamente?, insomma così, tra le tue manie e la lingua sciatta dei più era un inferno e guai se qualcuno suggeriva di darti una calmata, che non erano quelle le cose importanti della vita, ti ci irritavi ancor più, santiddìo… e gli articoli? ti venne ascoltando certi slavi sul regionale, “e mettetelo
diosànto qualche cristo di straccio di articolo, nooo? qualche minchia di preposizione anche, magari, che vi costa? un decimo di respiro in più! eddài! che ci vuole!”, hai pure rischiato, la volta che senza accorgerti pensavi a alta voce e il tizio, manco a dirlo un omone energumeno, ti stava proprio di fronte, avevi quasi le sue ginocchia in bocca e comunque sopra le tue che va da sé erano parecchio più in basso, braccia più grandi delle tue coscette pavide, braccione vistose tatuate, manco a dirlo, grosse grosse che ci stavano pure tutte e tre le guerre puniche o l’arazzo di Bayeux o la conquista traiana della Dacia, hai visto mai che è romeno, che anche loro, certi di loro risparmiano sugli articoli… e allora se così ha da essere eliminiamoli, no? no, non gli slavi o i romeni, gli articoli… e poi i verbi, gli aggettivi, insomma tutte le parti del discorso…» Così ha inizio un training continuo, ostinato, tra lui e il mondo c’è un diaframma solido e spesso quanto trasparente, non di acquario – i moti non sono più fluidi di prima, quel ch’è a scatti resta a scatti – ma il suono: il suono resta dall’altra parte. Filtrano invece gli odori.
Questo fu prima. Quando un treno preso per caso divenne irrinunciabile. Da allora e fino alla fine di quella vita – che numero era: la sua terza, la sua quarta? – , stessa tratta stesso orario, giorno dopo giorno.
«… ora sei qui che inali, hai deposto gli sdegni orto-sintattici e inali miscele di calce, sudore, tabacco, rudità e cattiva colonia, dita grosse ruvide, qualcuno segnato di striscio dal frullino, salde sui poggiabracci, li guardi non visto, così credi, e quanto vorresti almeno una mezza occhiata anche di sguincio.”
Lite breve e intensa, turbini normanni, Guglielmo I a guidarli in Albione tra Dacia e Cartagine, braccia sedate presto da un uomo in divisa, braccia avvolte nella Storia inconsapevoli come lo è il pesce del suo cartoccio, l’aria si mescola, scappa qua e là un po’ condizionata e un po’ no dai finestrini senza sigillo e torna con l’aroma aggiunto dei ferodi mentre
la ventola cigola incerta e tra gli scrocchi si annuncia un ritardo.
Afrore. Giurerebbe che fosse un tabù, la lista proibita di parole che mai e poi mai al mondo. Eppure eccolo nella coscienza. Un segnale. Quasi si perdono i sensi. Si cambia ancora.
Ma non sa quanto né per quanto né per dove.
E un giorno arriva qui.
Foto di Mystic Art Design da Pixabay
COME PRIMA ?
Una canzone al ritornello ripeteva: come prima, più di prima, t’amerò…”
La riprendo qui per introdurre il concetto del “come prima” precedente alla pandemia, la vita che si faceva, le abitudini che ci avevano reso quelli che siamo.
La vita che si amava, come canta il ritornello
Possiamo osservare tutti con facilità che si vorrebbe tornare al “come prima”.
Finito il lockdown, le abitudini di sicurezza più o meno ancora rispettate, virus covid19 che si cerca di non temere, negandone la presenza.
Meccanismo difensivo di negazione che la psicologia ben conosce: si nega coscientemente qualcosa quando la si teme inconsciamente troppo.
Si cerca di tornare come prima, ci riusciremo?
O sarà invece un’occasione nuova di inventare nuovi stili per vivere meglio?
L’economia scricchiolante per moltissime persone impone e imporrà ancora di più nuovi comportamenti e molte rinunce.
Abbiamo riflettuto abbastanza se “come prima” sia la cosa migliore?
La decrescita felice è già un termine impopolare, anche se mai realizzata, forse appare facilitata, per chi desidera andare in quella direzione.
Meno consumi, meno sciocchezze, più responsabilità e il mondo intero ci restituirà poi un ambiente migliore in cui vivere e far vivere le generazioni future.
Scuola, istruzione nel suo complesso, cultura… quale futuro? È da queste basi che il futuro prenderà forma.
Ambiente, clima, natura, inquinamento… temi triti e ri-triti ma sempre troppo vivi per dimenticare ancora una volta di pensare soluzioni.
Come prima è rassicurante e invece qualche scenario ancora da pensare apre la porta ad incertezze che sembrano oscure.
Non è detto però.
I grandi cambiamenti hanno sempre generato nuovi volti al mondo e agli uomini che lo abitano.
Non sempre per il meglio, dobbiamo riconoscerlo.
Possiamo predisporre il nostro spirito interiore a pensare per nuovi cambiamenti, utili a noi stessi e ai nostri vicini, cercando il cammino virtuoso che se pure nascosto possiamo sempre trovare.
psychology e malessere
Ho un malessere dentro la mente, mi sento senza energia, niente mi interessa.
A chi mi rivolgo?
Mi sono appena lasciato con la mia donna e un vuoto lugubre mi attanaglia al risveglio.
Che fare?
Mi ammalo sempre di tanti piccoli disturbi e il medico di base non mi ascolta.
Chi mi aiuta?
Ho malessere e paura di tante cose, evito certi posti, la vita sta diventando un inferno.
A chi chiedo aiuto?
Il mio lutto di tanti anni fa ancora si fa sentire e non riesco a superarlo davvero e ricominciare con serenità la mia vita, a chi ne parlo?
Mi sento in ansia, mi sento depresso, ho la fobia dei volatili, ho paura di ammalarmi, non riesco a trovare la ragazza giusta per me, nella vita non me ne va bene una, vorrei rifarmi il seno, ma si può riuscire a smettere di fumare, di bere, di giocare d’azzardo on line, di guardare i siti porno senza tregua, di avere pensieri ossessivi, compulsivi?
Mangio troppo, mangio poco, non riesco a portare a termine un programma, non trovo un lavoro, non ho soldi, credo che gli altri non mi vogliano bene, mi sento solo……………….
Con mio figlio non ci capiamo
Con mio padre non c’è dialogo
Questi elenchi potrebbero continuare in una triste lista sena fine, è la vita che ogni tanto impone sfide che ci sembrano assurde, di cui non troviamo il senso..
Ecco, è il senso che si perde con facilità, il significato profondo di quanto ci accade.
Così smarriti non ritroviamo l’energia e spesso si perde sul serio la direzione giusta, l’orientamento a cui restare diretti, con la nostra bussola interiore, la nostra stella polare.
Visto quanti disturbi diversi possono assalire, nel vero senso, la nostra esperienza psichica?
E qui abbiamo accennato solo alle competenze dello psicologo, non a quelle dello psichiatra.
Giova riprendere qualche distinzione fondamentale perché quando siamo in difficoltà a volte capita che il nostro senso pratico diventi latitante.
Intanto Psichiatra e Psicologo: il primo è laureato in medicina e specializzato in psichiatria, il secondo laureato in psicologia e specializzato in varie alternative.
Se specializzato in psicoterapia sarà psicoterapeuta.
Anche il medico può essere psicoterapeuta, se in ogni caso abbia la specializzazione quadriennale accreditata dallo Stato in psicoterapia.
Continuiamo alla prossima puntata!
Effetti quarantena
Quali effetti di qurantena il periodo appena trascorso ha su di noi?
Avevo già fatto riferimento alle ricerche in Antartide.
Ricordate? i ricercatori universitari del mondo interessati all’astronomia, alla glaciologia, alla fisica dell’atmosfera e alla sismologia si trasferiscono volontariamente in regione antartica, dove la Base si chiama Concordia (interessante il nome, vero?).
Volontari, a differenza di noi che che in quarantena non lo eravamo ma subiscono temperature esterne anche a -80°, buio costante e raffiche di vento che impedicono di uscire.
La mente e il corpo di queste persone subiscono effetti negativi e lo studio di questi parametri può essere utile per capire meglio quali facoltà umane è necessario nutrire.
Ebbene, quando si è costretti dalla situazione ad isolarsi dai propri cari e restare confinati nello stesso ambiente sempre con le stesse persone, lo studio ha evidenziato innalzamenti del picco di cortisolo, il nostro valore ematico che segnala stress.
Inoltre l’espressione genica e l’umore dei partecipanti sono risultati alterati e gli effetti non scompaiono all’immediato termine della missione e rientro a casa.
Tuttavia i vari studi condotti sono in grado di dirci come contrastare gli effetti di isolamento prolungato:
il tratto di personalità relativo all’ “attaccamento sicuro” predispone a ritenere di saper superare condizioni di difficoltà.
Inoltre fiducia interiore e sicurezza in se stessi sono risultate essere le caratterisctiche principali per adattarsi e superare condizioni di stress prolungato, come quello dei ricercatori che si trovano a poco più di 1600 Km dal polo sud.
Sono proprio risposte biologiche a cui siamo giunti dopo milioni di anni che caratterizzano le possibilità umane di resilienza.
I risultati di queste ricerche ci permetteranno di capire cosa aspettarci dalla popolazione mondiale sottoposta allo stress della pandemia.
Ancora dubbi sull’importanza di coltivare fiducia in se stessi risoluta e vigorosa?