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disturbo ossessivo compulsivo

L’ansia qualche volta diventa il nemico numero uno della nostra vita e produce il disturbo ossessivo compulsivo.

Se non è curata, diventa insopportabile e così la mente stessa prova a liberarsene.

Produce un antidoto. L’ossessione mentale.

Purtroppo questo è uno dei casi in cui non riesce a produrre un antidoto sano, efficace e opportuno

Cosa fa? Vi chiederete …

Produce un nuovo sintomo per liberarsi della sofferenza del primo sintomo, che era l’ansia.

Quale è questo nuovo sintomo? una nuova ossessione.

L’ossessione dei pensieri e / o dei comportamenti.

Si scivola nel disturbo ossessivo compulsivo che si impone alla natura razionale della persona “obbligandola” con forza indomabile a ripercorrere circuiti di pensiero o di gestualità che non hanno nulla di comprensibile o di utile.

La persona che ne è afflitta è la prima a non voler compiere questi rituali: quali sono?

la ricerca ossessiva di una parola che non torna in mente, l’oggetto che non sappiamo più dove si trovi, forse lo abbiamo visto per ultima volta tanti anni fa.

Queste coercizioni mentali compaiono in modo improvviso, ogni volta che l’ansia, legata a circostanze di vita anche banali, si rende intollerabile.

Questo passaggio dall’ansia al meccanismo ossessivo nella sua ripetitività diventa presto un passaggio rapidissimo, dell’ordine di un quarto di secondo e quindi non è percepito dal livello di coscienza ordinario.

Il risultato è che la persona si trova imprigionata nel “dover compiere” azioni, comportamenti o pensieri assillanti anche in situazioni inappropriate.

Al lavoro, a scuola, in famiglia.

Quando il problema si mantiene a lungo negli anni diventa ingestibile al soggetto stesso che ne è afflitto che ricorre contro ogni propria ragionevolezza e volontà a questi espedienti ossessivi.

Nell’immediato, possono dare uno pseudo sollievo dall’ansia che ha scatenato tutto il fenomeno.

Ne consegue che molte persone “candidate” a questo disturbo trovano sollievo in ansiolitici prescritti dal medico in modo terapeutico, cioè come cura e  con la frequenza prescritta, non all’occorrenza.

 

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autunno ancora

Autunno illumina le nostre giornate e i nostri pensieri.

Come Saturno richiede da noi un impegno preciso, per mostrarci i suoi doni e ricchezze.

Quale impegno richiede? quello di lasciar andare e questo è un insegnamento molto prezioso per la vita.

Banalmente come le foglie che cadono in autunno leggere e bellissime, volteggiando, lasciando il posto al nuovo che verrà.

L’albero è simbolo cosmico, come Yggdrasyl, l’albero primigenio nella cultura persiana sull’origine del mondo.

E l’albero autunnale si spoglia, si lascia spogliare dalla forza del vento, dall’ineluttabile della natura, dai cicli che scorrono.

L’albero è simbolo dell’Uomo, nel senso di Essere Umano, radicato a terra, proteso in alto.  Forte e imbattibile, solo la forza di un fulmine lo spezza, se questo è il suo destino. Ma niente altro ne sconfigge la resistenza

Racchiude in se stesso il segreto di resistere, perfetto esempio di resilienza per noi umani.

Segnala il tempo della raccolta,  nei prodotti che gli alberi sono pronti a cedere, cibo e nutrimento per uomini e animali.

Si prepara con calma e tranquillità, nell’oro della luce di questi giorni, il tempo che verrà più fermo, stagione nuova.

Vivere l’autunno cercando tra i suoi riti più semplici il sapore del tempo che cambia, in senso simbolico. Cambia il tempo, si avvicenda una stagione di nuove promesse e la nostra psiche si adagia su questi cambiamenti, se siamo pronti a consentirlo. Lasciandoci andare alle foglie che cadono e con loro molte nostre cose.

Lasciamo andare, panta rei, senza attaccarci ai doni più luminosi che ci sono stati offerti e avremo un premio ancora, quello di sentirci fluire nel tempo, con il tempo, dentro una lieve e piacevole corrente che scorre: la nostra vita.

Buona autunno di consapevolezza, i significati che impariamo fin dalla scuola primaria, foglie, castagne, noci, San Martino, sono insegnamento profondo per la vita adulta.

 

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Sei ansioso? antidoto!

L’ansia qualche volta diventa il nemico numero uno della nostra vita. Sei ansioso.

Se non è curata, diventa insopportabile e così la mente stessa prova a liberarsene.

Produce un antidoto.

Purtroppo questo è uno dei casi in cui non riesce a produrre un antidoto sano, efficace e opportuno

Cosa fa? Vi chiederete …

Produce un nuovo sintomo per liberarsi della sofferenza del primo sintomo, che era l’ansia.

Quale è questo nuovo sintomo dell’ansioso?

L’ossessione dei pensieri e / o dei comportamenti.

Si scivola nel disturbo ossessivo compulsivo che si impone alla natura razionale della persona “obbligandola” con forza indomabile a ripercorrere circuiti di pensiero o di gestualità che non hanno nulla di comprensibile o di utile.

La persona che ne è afflitta è la prima a non voler compiere questi rituali

 ricerca ossessiva di una parola che non torna in mente

l’oggetto che non sappiamo più dove si trovi, magari lo abbiamo visto per ultima volta tanti anni fa.

Queste coercizioni mentali compaiono in modo improvviso, ogni volta che l’ansia, legata a circostanze di vita anche banali, si rende intollerabile.

Questo passaggio dall’ansia al meccanismo ossessivo nella sua ripetitività diventa presto un passaggio rapidissimo, dell’ordine di un quarto di secondo e quindi non è percepito dal livello di coscienza ordinario.

Il risultato è che la persona si trova imprigionata nel “dover compiere” azioni, comportamenti o pensieri assillanti anche in situazioni inappropriate.

Al lavoro, a scuola, in famiglia.

Quando il problema si mantiene a lungo negli anni diventa ingestibile al soggetto stesso che ne è afflitto

egli ricorre contro ogni propria ragionevolezza e volontà a questi espedienti ossessivi che, nell’immediato, danno uno pseudo sollievo dall’ansia che ha scatenato tutto il fenomeno.

Ne consegue che molte persone “candidate” a questo disturbo trovano sollievo in ansiolitici prescritti dal medico in modo terapeutico, cioè come cura , non all’occorrenza.

 

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ANSIA DA PRESTAZIONE

Ogni volta che dobbiamo compiere una prestazione il nostro corpo reagisce all’attività della mente.

Cosa fa la mente? registra immediatamente il fatto che siamo chiamati a compiere qualcosa e saremo giudicati. Non solo la nostra prestazione ma tutta la nostra persona!

SBAGLIATO!

Può essere una gara come esempio tipico ma per la nostra mente è una prestazione anche il voler parlare con il propio figlio di qualcosa che riteniamo importante.

Sbaglierò? Riuscirò a farmi capire? Otterrò l’effetto desiderato?

O nei casi più “forti”: mi giudicheranno negativamente?

Da qui  seguono previsioni catastrofiche di risultato negativo: non mi chiameranno più, perderò il posto, mio figlio perderà fiducia in me, non sono un buon padre, un buon atleta, un buon collega, un buon amico e via discorrendo.

Cosa c’è di reale in questa fuga di pensieri?

  1. sto per fare qualcosa che mi impegna e considero importante

  2. sarà giudicata la mia prestazione

E niente altro è reale, è tutta una proeiezione personale che innesca meccanismi nella mente che si impaurusce e nel corpo fisico che in automatico partecipa con reazoni fisiologiche normali di allarme.

Quello che sfugge è il punto 2. e cioè: non io stesso e il mio valore sarà giudicato ma è solo la mia prestazione, quella di quel momento che verrà valutata.

Del resto è molto in auge in questi anni che è orribile l’atto del giudicare: Non devi giudicare! Tu stai giudicando! 

Sfugge di nuovo una cosa fondamentale e cioè che l’azione del giudizio è connaturata alla natura umana per districarsi nel mondo, per orientare il proprio comportamento ed è prevista dal sistema cognitivo di ogni essere pensante.

Magari può essere un bene sforzarsi di non incollare giudizi di valore sulle persone “giudicandole” in toto  come sbagliate, sciocche, o peggio ancora.

Il riconoscere però che una azione è sciocca o sbagliata è un’azione sana di mente.

Molto utile, ricordando sempre di non applicare le nostre personali categorie di bene e di male alla totalità sell’altro.

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Ansia, come eliminarla

Avere problemi da risolvere conduce a soffrire emotivamente.

Compare ansia dentro di noi.

Gli esseri umani viventi hanno problemi, chi di più chi di meno.

L’ansia è una reazione normale, tutti svariate volte nella vita ne fanno esperienza, anche se con frequenza molto variabile da persona a persona e da situazione a situazione.

L’ansia è una dimensione inevitabile del vivere umano con cui ci dobbiamo confrontare.

Fenomeno complesso e universale l’ansia appartiene alla sfera delle emozioni avvertite come sgradevoli.

Si manifesta con  una sensazione di attesa indefinita, quasi una minaccia incombente.

Comporta uno stato di irrequietezza psichica.

La reazione di allarme non dovrebbe allarmarci per se stessa: è comune anche agli animali ed è la migliore possibilità che abbiamo per riconoscere pericoli veri da quelli fslsi.

Nell’animale tutti i comportamenti di attacco o di fuga comportano cambiamenti fisici come l’aumento del battito cardiaco, della vigilanza, della sudorazione, la  diminuzione della salivazione eccetera.

Per fortuna anche l’essere umano è un animale e dispone nel proprio patrimonio filogenetico di queste stesse risorse.

Risorse??

E’ importante afferrare bene il concetto che l’ansia, per quanto sgradevole e a volte terribile non è affatto pericolosa ma anzi ci aiuta a capire la situazione e a prendere le giuste misure del caso.

A patto che non ci facciamo catturare dalla paura di aver paura e quindi la vediamo come una nemica da combattere, invece che una risorsa che ci sta dicendo qualcosa di noi.

Cosa ci sta dicendo?

Che dobbiamo stare all’erta, che forse è presente un pericolo, che occorrono tutte le nostre forze e le nostre capacità.

Infine ci dice pure che possiamo farcela, altrimenti saremmo già morti da millenni e invece, per quanto possa sembrare a volte il contrario, l’ansia non è un meccanismo che uccide.

Estenua, sì. Impariamo però a capire meglio il meccanismo e avremo fatto il primo passo.

 

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PSICOPATIA e amigdala

Psicopatia è molto diverso da psicopatologia.

Una persona psicopatologica infatti non è uno psicopatico.

Perchè parlarne? C’entra l’amigdala ?

Perchè lo psicopatico è una creatura umana molto pericolosa anche se non delinque in modo diretto, può non essere un criminale ma in ogni caso soggiace ad un funzionamento mentale pericoloso.

Per fare un esempio la coppia tristemente famosa di Erba (ricorderete) è una coppia di psicopatici.

Direte: ma cosa ci importa? io non conosco psicopatici! la mia amigdala probabilmente funziona bene! 🙂

Ebbene i numeri della statistica ci dicono che c’è uno psicopatico ogni cento persone, è un dato enorme. Dove li troviamo, nello studio dell psicoterapeuta?

No, lì no perchè non ci vanno.

In carcere ce ne sono pochissimi in proporzione perchè spesso non commettono crimini diretti o non è semplice trovarli e arrestarli.

E allora dove stanno? triste a dirsi ma sono in mezzo alla popolazione normale, pericolosi tra noi.

Dicevamo all’inizio che lo psicopatologico può essere ognuno di noi con un funzionamento mentale che scivola, a volte solo temporaneamente, nella malattia mentale. E’ una persona sofferente e disfunzionale.

Invece si può parlare di psicopatia quando il comportamento della persona non crea sofferenza al soggetto ma a coloro che sono stati presi di mira.

Perchè lo fa? l’eziologia fa risalire a cause diverse e diverse teorie il punto d’innesco della psicopatia. Per alcuni pare che sia di ridotte dimensioni l’amigdala, il nucleo  amigdaloideo, che è la ghiandola che gestisce le emozioni tra cui la paura.

Certo è che alcune emozioni non possone essere esperite dalla persona psicopatica e tra queste emozioni non possibili c’è il rimorso, il senso di colpa, il senso morale.

Manca la capacità di riconoscere sul volto dell’altro alcune emozioni, come la richiesta di pietà.

In buona sostanza è la differenza tra il bene e il male che non si costruisce nella mente dello psicopatico.

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bisogno di psicologo?

Sappiamo tutti quanto la società, questa nostra società occidentale, abbia bisogno degli psicologi.

Gli psicologi spesso si bloccano invece, quasi intimiditi da questa consapevolezza.

Dalla responsabilità assunta su di sè di portare il cambiamento dentro le pieghe sociali.

Responsabilità di esporre le proprie idee e i propri pensieri propositivi.

Finisce  che lo psicologo non si trova quando serve, assente dai grandi dibattiti per il miglioramento delle condizioni delle persone

Lo psicologo ha il dovere di assumere un atteggiamento professionale più dialettico verso i problemi che la società di oggi ogni giorno affronta.

Chi è colui che studia in forma continuativa, dopo la laurea e la specializzazione, come migliorare la vita delle persone e i meccanismi sociali che creano sofferenza?

Lo psicologo !

La situazione politica è nella confusione, oggi come sempre, come la Storia ci insegna ma questa confusione,  si potrebbe ridurre?

Sì, la confusione politica e tutti i macroscopici errori che ne derivano si possono ridurre.

Come?

Con una corretta lettura del comportamento politico che è una forma di comportamento come ogni altra, quindi materia privilegiata di studio e di competenza degli psicologi.

Ci domandiamo cosa sia il comportamento politico?

E’ quella parte dell’umano agire che pone al suo oggetto centrale e prioritario la gestione virtuosa della collettività.

Quella parte del comportamento umano che ha obiettivi guidati da equilibrio etico, e personale, che permetta di applicare conoscenze specialistiche degli addetti alla scena politica.

Quindi applicare modelli, metodi, strategie economiche, giuridiche, storiche, previsionali, statistiche, finananziarie, diplomatiche per generare condizioni di vita sostenibili.

Magari per tutti.

Un occhio, anzi tutti e due più un terzo occhio del genio intuitivo, dovrebbe restare incollato a principi di solidarietà.

di equità.

di giustizia.

di protezione e distribuzione delle risorse.

Utopia ?

se il comportamento politico  dimentica i principi guida dell’etica in favore di pragmatismi di parte, di cosa stiamo parlando?

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ancora settembre

A settembre molte persone scelgono di partire, di allontanarsi per cercare il relax in una atmosfera speciale.

Settembre E’ speciale: non conosce caos e privilegia colori nitidi, senza canicola a livellare i contorni.

Riempie il cielo di candide nubi a ciuffi  che si rincorrono, lasciandoci vedere squarci di un azzurro abbagliante.

L’aria fresca si rende odorosa di profumi intensi e i colori intorno vanno cambiando ogni giorno, virando all’oro.

Perché accenniamo questi pensieri che sanno di vecchia poesie scolastiche probabilmente?

Tra l’altro le vecchie poesie scolastiche a volte per alcuni sono state l’unica occasione di incontrare un linguaggio lirico che disegna davanti allo sguardo paesaggi, senza pennelli ma con i colori dell’Anima.

Il motivo primario per cui ne accenniamo è però da riferire a quali sentimenti proviamo?

Settembre ci suscita sentimenti diversi?

Credo che ci sia insito in questo periodo dell’anno una dolcezza, una nostalgia insieme ad una accensione di fiducia, verso ciò che andremo ad intraprendere.

Sopra ogni cosa però abbiamo il potere di osservare dentro noi stessi un sentimento specialissimo, portatore di vita e secondo le ultime ricerche anche di longevità.

E’ il sentimento della gratitudine.

Obsoleto per molti, non è di moda.

O meglio sta tornando di moda tra i pensieri di stampo new age ma non è a questi che ci riferiamo.

Invece ci riferiamo a un sentimento profondo che nasce dalla consapevolezza di noi stessi e dalla capacità di cogliere le interconnessioni che ci legano, sostenendoci, a ogni cosa.

Non importa comprendere a cosa ci legano, non cerchiamo coincidenze improbabili, quanto invece cerchiamo di essere dentro il tutto che avvolge la vita.

Lasceremo andare allora il troppo spesso frequente riferimento a noi stessi, che restringe la vastità del pensare e sarà naturale e spontaneo sentirci grati.

Nonostante gli acciacchi? Le preoccupazioni? Le paure? I litigi e le rabbie?

Sì, il sentimento di gratitudine poggia sull’aver compreso piani più alti del nostro io e dedicarlo sempre più spesso a noi e agli altri è di infinito beneficio.

 

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settembre post vacanze

A settembre da qualche anno ogni rotocalco riserva qualche spazio editoriale alla sindrome del rientro dalle vacanze.

Ce ne era davvero bisogno?

Siamo sempre nel rischio che praticamente ogni cosa diventi "moda" nel giro di breve tempo.
Ci sono tuttologi infaticabili sempre al lavoro per dire la loro.

A volte la semplicità aiuta, meglio dell'approfondimento ad ogni costo.
Settembre è uno splendido mese!

Si moltiplicano dalle pagine dei giornali e dalla voce delle trasmissioni televisive e radiofoniche consigli
per affrontare alcuni disagi psicologici e fisici che si presentano a vacanze finite.
Proverò ad affrontare la questione del periodo di settembre come fine delle vacanze da un punto di vista più comprensibile, privilegiando l'aspetto psicodinamico che sempre tenta di comprendere cosa succede alla nostra mente difronte a situazioni nuove.

Per “mente” qui intendo il modo in cui affrontiamo le nostre esperienze di vita, il nostro caratteristico e personale stile di pensiero, potremmo dire così.

Naturalmente è coinvolto il sistema neuroendocrino, i neurotrasmettitori, il livelli plasmatici di serotonina, dopamina e ogni aspetto biochimico della macchina incredibile che è il nostro organismo.

Influenzato anche, nel suo modo di funzionare, dagli aspetti interiori, legati allo spirito vitale che ci contraddistingue finchè siamo in vita.

Per spirito vitale si può intendere la nostra attitudine a rapportarci al mondo più ampio cui apparteniamo, la nostra idea di mondo e di mondi, di infinito e di assoluto.

Queste ultime suggestioni vogliono solo ricordare che coltivare anche questo tipo di riflessioni sviluppa il sentimento di fiducia, di sicurezza e di emozioni positive e vitali.

Sono queste che aiutano non poco il nostro intero organismo ad affrontare con successo i numerosi cambiamenti, piccoli e grandi, che incontriamo sul nostro cammino.

Tornare dalle vacanze è davvero un problema? chiedevo all’inizio. Chiediamocelo tutti, è il mio consiglio, in tempi in cui nel terzo millennio gli esseri umani patiscono in massa vessazioni di ogni tipo, guerre e quanto altro ognuno di noi ascolta dai media.

Un po’ di insonnia, un po’ di malinconia, chi fuma troppo, chi mangia male, chi si sente nervoso… proviamo a sentirci anche piuttosto fortunati ad essere nati nel mondo occidentale …

 

 

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in Tema di Felicita

La felicità per Platone è frutto di una vita buona.

Per Adorno la vediamo solo quando sparisce.

Sarà meglio essere Socrate infelice  o un idiota contento? questo si chiede John Stuart Mill e la risposta che trova è che sia preferibile comunque essere Socrate, pur se infelice,  “e se l’idiota è d’altro avviso dipende dal fatto che vede solo un lato della questione”.

Per Josè Ortega y Gasset l’uomo vive a prtire da e in una filosofia, qualunque filsofia.

E la qualità della nostra filosofia di riferimento determina la qualità della nostra vita e probabilmente la qualità del nostro gradiente di felicità.

E’ evidente che la nostra felicità non dipende esclusivamente da noi stessi, anche se alcune dottrine tradizionali dall’Oriente sapienziale invece affermano e sostengono con forza che dipenda proprio solo ed esclusivamente da noi.

Una cosa è certa però: quando la filosofia, come amore per il pensiero e le sue plaghe più vaste, ci tocca e riesce ad animarci, avremo senza alcun dubbio una marcia in più per procedere sui nostri sentieri di esistenza..

Ci si aspetta che i filosofi abbiano qualcosa di illuminante da dire alla vita di tutti, anche nel cuore della nostra cultura scientifica ed è quanto rimane del suo antico prestigio; la filosofia è la ricerca e lo studio del pensiero antico e sapiente, guidata da amore per la conoscenza.

busti in terracotta dei nostri grandi filosofi greci

Saremo pià felici se più saggi?

Le risposte possono essere tante, quante sono le persone che si interrogano su questo punto ma è indubbio che una mente pensante abbia maggiori possibilità di una mente incolta.

Coltivare la propria mente non è semplicissimo, ci vorrà interesse e curiosità, ci vorrà un maestro saggio, ci vorrà capacità di pensiero e perseveranza, oltre ad un obiettivo virtuoso.

yin e yang nel cerchio del tao bianco e nero

La filosofia a volte si avventura su percorsi che appartengono tradizionalmente alla psicologia, come consulenze sul disagio della persona:

ne ha titolo e competenza, purchè riconosca per tempo disturbi e disagi dell’anima che spesso celano psicopatologie anche molto serie.

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