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TATUAMI

Tatuaggi, perchè?

Innegabile che spesso siano opere d’arte che l’estate più che mai illuminano e colorano la pelle esposta ala luce della stagione estiva.

Come scegliamo un tatuaggio piuttosto che un altro?

Quale segno grafico ci seduce e ci cattura?

Disposti a modesti sacrifici, di pelle, di accortezze e di denaro, siamo poi entusiasti e forse anche felici ad opera conclusa.

Un’opera al nero, si potrebbe dire con Marguerite Yourcenar? un accenno alchemico?

Sicuramente mistero e magìa nel tatuaggio si celano perchè nasconde un sentire e un sentimento che simbolicamente vorrebbe manifestare, pur nell’ambiguità del tratto che più di qualche volte appare incomprensibile.

Il tatuaggio è un messaggio, si consenta la facile rima.

Una comunicazione a chi guarda, compresi se stessi che ogni giorno lo vedono e lo ammirano e al proprio animo lo sottolineano.

Ne sottolineano l’essenza comunicativa, il valore e la capacità di sintetizzare un mondo intero in un segno, un colore, un disegno.

C’entra l’identità, il nostro sentirci ” a casa” con quel disegno impresso sottopelle che rappresenta qualcosa di noi, qualcosa di significativo al nostro essere più profondo e sincero.

Spesso raffigura qualcosa che non potremo mai dimenticare, data l’importanza che conserva per noi,  eppure sembra indomabile la forza con cui il desiderio di trattenere vicino, si mescola alla perdita:

una persona perduta che vogliamo trattenere oltre il ricordo allo stesso modo di una persona amata e vicina a cui cerchiamo di conferire carattere di eternità.

Il tatuaggio ci riporta all’eterna ricerca di opporci all’impermanenza predicata dal buddhismo, tra le molte tradizioni. Tatuaggio per trattenere vicino, quasi dentro noi stessi.

Non andrà via, resterà ancora più forte vicino e dentro di me, nella mia memoria e nella mia carne, se lo tatuo sulla pelle.

Il tatuaggio nei suoi primordi serviva a segnalare forza e potenza guerriera ai nemici, l’appartenenza al clan.. cosa resta oggi di questi antichi retaggi?

Qual è il tuo parere?

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FELICITA’ ESTIVA

 

E’ esperienza di ognuno quanto l’estate, pur nel suo caldo torrido, si accompagni nel nostro immaginario a idee di leggerezza e di possibilità nuove.

Probabilmente perché si associa ad un tempo per le ferie, per il riposo, per la “vacanza” dal luogo consueto, sia casa, scuola, lavoro.

Se non ci sentiamo occupati dalle routine logoranti pensiamo che potremo fare migliore spazio alle possibilità nuove che la vita ci riserva.

Ed accade proprio così.

Possiamo essere più felici e meno depressi d’estate?

Purtroppo nella realtà paradossale molte volte accade l’esatto contrario.

Perché?

Il tempo dilatato, le lunghe giornate non occupate dal lavoro o studi lasciano spazi vuoti dentro la mente, da riempire.

Alcune persone trovano facile riempire tali spazi con idee, progetti, iniziative.

Altre persone, non poche, restano impercettibilmente disorientate, quel tanto che basta a riempire “in automatico” tali spazi lunghi con pensieri negativi o sensazioni di malessere.

Quando la depressione larvatamente viene sommersa da molta attività “per distrarsi” da essa stessa, in realtà rimane esattamente lì dove si trova, immutata.

Distrarsi non è l’antidoto migliore allo stato depresso dell’umore.

Meglio e più proficuo risulta cercare luoghi in cui riconoscersi, in cui ritrovarsi, in cui immergersi secondo la propria personale natura.

Per alcuni andrà bene una passeggiata sotto gli alberi, per altri sarà meglio un bagnarsi nelle acque tranquille di una piscina cittadina.

Qual è la strada migliore?

panorama con montagne e lago alpino

Non ce ne è una adatta a tutti, se non quella di ascoltare se stessi ed offrirsi quindi la giusta esperienza che ci traghetti fuori.

Permettendo alla nostra idea di avvicinarsi a noi e prenderci per mano per condurci fuori dallo stato depressivo dell’umore: ci riuscirà un’idea vicina al nostro essere profondo, quindi mare sia per chi si sente affine alla natura.

O biblioteca di città sia, per chi avverte il bisogno di cullare la propria mente tra letture scelte e parole in sintonia con Sé.

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PSICOANALISI d’estate

Quando arriva l’estate pensiamo alle ferie, alle vacanze, alle partenze e spesso desideriamo prendere una pausa dal rigore di date e scadenze dell’anno.

La psicoanalisi va in ferie?

Pensiamo ad un cammino, tranquillo come in una passeggiata in compagnia di una persona fidata, con le sue pause e i suoi momenti di buona lena.

Dobbiamo raggiungere la vetta che ci siamo prefissati e se ci fermiamo troppo non arriveremo mai, forse. Anche se corriamo troppo senza soste rischiamo di bruciare le tappe e di nuovo, non arrivare mai.

L’insegnamento tradizionale della psicologia invece ci ricorda la millenaria saggezza che c’è un tempo per ogni cosa, anche se qui è più il Senex a parlare. Il Puer intemperante cerca di seguire l’impulso del momento.

In molti casi è molto proficuo e benefico non effettuare lunghe pause dal proprio percorso di analisi.

perché ?

Perchè l’Analisi Psicologica crea valore, nella persona e intorno ad essa, donando un nuovo sguardo con cui approcciare al proprio mondo e riuscendo così a trovare il valore che le cose sempre possono offrire.

ogni caso però è diverso da un altro.

E’ il patrimonio immateriale di ogni persona che valorizza se stessa con l’analisi, permettendo di vivere una relazione di alta qualità con l’analista.

L’eredità storica che porta tocca chiunque ci si accosti e il costo in denaro in molti casi elevato paga l’unicità del cammino che si percorre e la nostra propria unicità.

Unicità da conoscere e apprezzare, a poco a poco, da amare e poi da offrire agli altri, con molta serenità e pace nell’animo

In tutto questo processo sensibile il capitale culturale del consumatore viene investito al meglio che sia possibile e come ogni buon investimento non mancherà di restituire i suoi frutti, migliorati e spendibili.

All’obiezione che in tempi di crisi la psicoanalisi sia “cara” nel senso di costosa, io ci tengo molto a sottolinearne l’aspetto di “cara” nel senso latino di “carus” che significa amato, costoso evocando qualcosa di prezioso, pregiato, importante.

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ESTATE

Tempo indolente l’Estate. Invita a pensare leggero, alla mobilità del nostro essere.

Eppure è tempo pigro che, come fanno i gatti,  ci suggerisce riposo, alla luce se non al sole, allungandoci senza stress.

Sono lunghe le giornate di sole, si fanno lunghi i nostri tempi perché sembra che le giornate riescano ad accogliere più cose del solito.

Così anche le serate, che si caricano di esperienze condivise, di profumi, di luoghi in cui andiamo a sostare assaporando quel che c’è.

E cosa si trova, dentro l’estate?

Spesso la sensazione di possibilità vicine, probabilmente dovuta alla sensazione di avere più tempo, possibilità che si aprono al nuovo.

Così esplorare nuovi luoghi, a volte solo con i pensieri, mete da raggiungere, a volte molto lontane,  a volte distanti soprattutto come modo di vivere.

Fantasie di nuove conoscenze, nuovi amici, nuovi amori, nuovi incontri, nuovi luoghi, nuove esperienze…

Questo ci porta l’estate, frammisto al caldo e alla nostra insofferenza ad esso: apre le porte alle serate in cui il tramonto si tinge di arancio e illumina di sfumature rubino terrazze, aperitivi, sorrisi.

E’ un tempo caro l’Estate se non ci lasciamo cadere nella spirale del pensiero insofferente che subisce il caldo afoso e si abbatte.

Se lasciamo che resti socchiusa la porta del nuovo e anche lo specchio può rimandarci ogni mattina il piccolo nuovo che siamo riusciti a lasciar depositare sulla pelle: qualche volta scuriti leggermente dall’esposizione al sole ci si può sentire diversi e senza meno più belli.

La vita all’aria aperta se pure non ci dà l’abbronzatura così fashion ci regalo un aspetto più sano, in cui tutti i nostri pori hanno respirato più vita attraverso passeggiate, sport, immersioni nelle acque marine e non, respirando più vicini alle vette montane.

E poi feste alla sera, con lanterne cinesi accese che traghettano desideri verso le alte vette dei cieli e musica di ogni tipo che sembriamo più disposti ad ascoltare con molto gusto …

Buona estate allora …

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libro delicato

Il titolo è delicato come la primavera: Un incantevole aprile

Si tratta del titolo accattivante di un bel romanzo pubblicato nel 1922 da una scrittrice che amo molto, Elizabeth Von Arnim,

Questo  è lo pseudonimo di una donna emancipata australiana nata nella seconda metà dell’800.

Cugina di Catherine Mansfield  già questo ci porta all’atmsfera neozelandese, alle atmosfere rarefatte di quelle terre, per noi lontane ma suggestive. Ai nostri antipodi.

Non agli antipodi però questo carattere femminile forte, di donne coraggiose entrambe.

In quegli anni il femminile viveva una condizione sociale fortemente discriminata e alcune grandi scrittrici hanno deciso di raccontare il loro moderno punto di vista.

Un punto di vista vicino al cuore delle donne vere e delle donne immaginate, indomite, forti e piene di idee e di coraggio.

Si spostavano attraverso continenti, in interminabili viaggi via mare, per approdare a Londra, in quegli anni luogo simbolo della cultura e di una forma di emancipazione.

O comunque di possibili affrancamenti dal silenzio in cui l’Anima femminile viveva relegata.

Elizabeth ha dato titolo “Un incantevole aprile” a questo suo pregevole romanzo carico di suggestioni “fiorite” che ci porta dentro la primavera, cuori sensibili e emozioni brillanti come stelle nel cielo primaverile.

una coroncina di fiori freschi tra i capelli è il simbolo della freschezza primaverile

Quattro donne inglesi animano questa storia, scorrevole in apparenza ma sostenuta da una trama delicata e articolata in cui l’amore e la sua capacità di essere “miracoloso” sono il registro principale.

L’animo di queste protagoniste è il nostro animo di oggi, pronto a cercare di farsi rispettare e dolente quando l’amore offerto non viene ricambiato .

La vicenda si svolge in un luogo incantato dalla primavera in una Liguria accesa di fioriture,  in cui le donne, incontratesi grazie all’intraprendenza di una di loro, trascorrono una vacanza per rigenerarsi e ritrovare se stesse.

Per gli amanti del glicine e del sole… 

è questo l’incipit di un annuncio che dà avvio alla storia

 

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Ansia e serenità

L’ansia è più diffusa della depressione?

Almeno nella mia esperienza professionale, sono moltissime le persone che combattono la propria ansia.

Per la sua manifestazione così sgradevole e spesso egodistonica, perché rende tesi, agitati e perennemente preoccupati.

Preoccupati a  buona ragione o senza alcun motivo, oltre misura, fuori controllo.

Se la preoccupazione diventa esagerata e governa il tempo psichico e i pensieri, allora possiamo parlare di stato d’ansia.

Se trascurato lo stato d’ansia cercherà di sedarsi, cercherà una tregua a questa condizione che attanaglia

E cosa accadrà per sedarsi?

A volte si creano sintomi e segni del quadro ossessivo compulsivo, i pensieri si fanno ripetitivi, reiterati e soprattutto incoercibili.

Sembra che i pensieri governino la mente, i gesti, il corpo e la persona tutta intera, una condizione definita intollerabile da molti pazienti. Allora il gesto compulsivo che obbliga a quella specifica azione sembra un’ancora di salvezza ma sarà una vittoria di Pirro.

Nel senso che dall’ansia andiamo dritti verso il comportamento ossessivo, a volte fobico, nel tentativo di  controllare… tutto.

L’idea di controllare è votata a sconfitta perché un desiderio di controllo che scaturisce da un disturbo non è un desiderio ma è un sintomo. Sintomo di ansia.

Controllare nasce dall’idea di escludere dalla propria esperienza qualsiasi imprevisto e ovviamente non sarà mai possibile.

Così ci si vota alla sconfitta mentre ci si condanna a una vita frustrante, preoccupata, impaurita credendo che se solo riuscissimo a controllare meglio e di più si starebbe meglio.

Non è così.

Per stare meglio occorrerà capire cosa sta succedendo nei propri pensieri, nelle proprie sensazioni, nello stato d’animo.

Occorrerà ascoltare la storia che la mente sta narrando a se stessa, spesso una storia fatta di sentimento e quale sentimento?

Quello di non sentirsi in grado, di non sentirsi all’altezza delle situazioni, quello di credersi inadeguati o non capaci di qualcosa.

Ricordiamo però che credersi così, non è esserlo realmente.

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Ansia o depressione?

Ansia è la parola che usiamo spesso per descrivere il nostro stato d’animo inquieto.

Spesso non si tratta di ansia come categoria nosografica psichiatrica però ci sentiamo agitati, carichi di tensioni e in uno stato di sgradevole preoccupazione.

Vorremmo che una specie di bacchetta magica ce la scrollasse via di dosso.

Che fare?

L’umore si fa ancora più inquieto e facilmente diventa uno stato di malinconia diffusa.

Tristezza, malinconia e siamo pronti per dichiararci in preda a depressione.

Ansia e depressione sono due termini purtroppo tristemente diffusi, è il caso di dirlo, ma molte volte non siamo realmente colpiti da questi disordini affettivi come la psichiatria li ha descritti e classificati.

Probabilmente non abbiamo bisogno di farmaci.

Cosa possiamo fare allora?

Sicuramente provare ad ascoltarci, in silenzio e quiete, se ci è possibile, prestiamo attenzione e ascolto interiore a cosa sta succedendo dentro noi stessi.

Potremmo renderci conto di aver sempre desiderato qualcosa che ancora non abbiamo raggiunto o di aver bisogno di qualcosa che mai è stato nostro.

Forse il senso di sentirsi al sicuro, protetti, non così esposti al mutevole variare degli eventi.

Invece forse potremmo incontrare dentro di noi un ricordo di qualcosa che in questa fase della nostra vita non è più con noi.

Non è semplice decodificare nei suoi elementi costituenti lo stato complesso che qualifichiamo come ansia o come depressione e possiamo anche confondere questi due diversi modi di essere della psiche che a volte si presentano insieme.

Cosa ci gioverà?

Senza alcun dubbio trarremo un giovamento, anche piccolissimo, dal dedicare qualche istante all’ascolto interiore.

Non fuggire quindi dallo stato difficile e doloroso ma cercare di “stare con” il nostro stato d’animo, non abbandonare noi stessi, non ignorare quello che la nostra psiche sta cercando di segnalarci.

Respirare sarà un altro piccolo aiuto che possiamo dare a noi stessi, con calma e lentamente.

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Depressione 2

La depressione impensierì alcuni governanti illuminati già una decina di anni fa, in Gran Bretagna.

Leggiamo un progetto universitario inglese  sulla depressione denominato “Nessuna Salute Senza Salute Mentale” del 2010

Con esso il governo inglese stanziò 221 milioni di Euro per impegnare e retribuire nell’assistenza di base migliaia di terapeuti.

La Gran Bretagna per molte cose è lungimirante e per noi è un modello troppo distante:

loro si sposano in carrozza, diventano duchi e duchesse, la Regina sembra sempre la fatina della fiaba.

Per noi guardare le loro avventure e disavventure, compresa la Brexit, sembra sempre un fatto che ci riguarda solo da lontano.

 Ricerche epidemiolgiche  invece  confermano che sull’aspettativa di vita i disturbi psicopatologici hanno pesanti effetti e la depressione in primis.

Come il fumo e più  dell’obesità a causa delle cattive abitudini di vita che comportano.

Il fumo, a volte le droghe, la sedentarietà, la cattiva nutrizione, la vita sociale sottotono durante la depressione sono utili esempi

Qualsiasi psicologo sottolineerebbe l’infelicità di fondo che blocca la vita delle persone colpite da depressione.

Il costo di una psicoterapia per un paziente depresso è stimato intorno a mille euro, come dato indicativo.

Per la società  c’è invece un guadagno di circa 1400 euro sui costi diretti, riducendosi le spese sanitarie.

A queste cifre vengono aggiunti circa 4000 euro secondo calcoli della Quality Adjusted Life Years, unità di misura impiegata nell’analisi costi – benefici, equivalente all’aspettativa di vita di un anno in condizioni di buona salute.

I promotori dei programmi di queste analisi e ricerche, relative alla ricaduta sulla spesa pubblica dei costi della malattia depressiva, ripetono che la psicoterapia non costa nulla perché si paga da sé.

In Italia risultano risparmiati euro 75 mila  in un anno da un progetto che ha visto lo psicologo affiancare il medico di base: il taglio alla spesa è essenzialmente riferibile al costo risparmiato in farmaci.

Ricoveri, visite, esami strumentali vari non sono al momento ancora quantificati.

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Depresse ?

In Italia 5 milioni di persone soffrono di  depressione, diagnosticate, secondo i dati dell’OMS.

Il 15% sono donne e  l’8% uomini, circa il 10% sarebbero adolescenti tra 14 e 24 anni.

Nel mondo intero sempre le stime dell’OMS riferiscono 330 milioni di persone in depressione.

Si tratta di cifre spaventose, per la sofferenza personale che portano, tutti ce ne rendiamo conto.

Naturalmente, da altri punti di vista, il problema delle persone con depressione causerebbe scarsa produttività lavorativa per ricorrente assenteismo.

In realtà la depressione è un fenomeno ad altissima complessità troppo spesso liquidato con cure farmacologiche.

Il primo rischio da valutare è che la sintomatologia depressiva possa essere il risultato di gravissime patologie a carico del cervello o anche di altri distretti corporei, di mancanza di nutrienti vitali, di eccesso di alimentazione squilibrata nel metabolismo degli zuccheri semplici e complessi.

Tra le patologie gravi e gravissime che producono anche un quadro depressivo troviamo il cancro, l’ictus, il Parkinson, il diabete e malattie cardiovascolari.

E’ stato stimato dalle proiezioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che nel 2020 la depressione sarà la seconda causa di morte e disabilità mentre nel 2030 diventerà la prima causa.

E’ noto  il primo rischio  a carattere suicidario.

Inoltre la patologia determina una così scarsa propensione all’azione che i pazienti tendono a trascurare se stessi e il proprio stato di salute generale.

Non sono interessati a nulla e tantomeno a occuparsi delle pratiche di prevenzione di vari malanni anche molto gravi.

Si tratta di un problema planetario, al pari dei cambiamenti climatici, a cui sono  chiamati a fare fronte  i governi nazionali.

Viene in mente a questo punto il nostro governo che si impantana con incredibile facilità dietro al miraggio concretizzato di poltrone e vantaggi personali e non esita, ancora nel terzo millennio, a raccontare favole agli elettori.

Il punto di vista dello psicologo:

una sorta di Check up periodico delle proprie condizioni psicologiche, anche in assenza di sintomi e/o psicopatologie, gioverebbe infinitamente ad avere sottomano la propria situazione psicodiagnostica.

Utile per orientarsi nei vari marosi dell’esistenza.

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Repubblica in festa

Oggi è il 2 giugno, in Italia si festeggia la Repubblica, conquista politica dal 1946 con referendum istituzionale.

Per settantadue compleanni la Repubblica è stata commemorata con qualche anno più intensità che in altri anni.

Questa attuale festa della repubblica odierna sembra più sentita di altre volte, nel senso che anche persone apparentemente lontane dalla vita politica e istituzionale hanno portato il proprio pensiero su questi fatti.

Hanno acceso la televisione per vedere la sfilata militare, per partecipare in qualche modo a queste commemorazioni.

Chi ha potuto si è recato in via dei Fori Imperiali a Roma per assistere dal vivo alla parata e vedere le personalità politiche nella loro veste ufficiale.

In cielo hanno rombato le frecce tricolori salutate dal naso all’insù di molti piccini e più adulti.

Perché quest’anno ci siamo interessati  più che gli altri anni?

Perché gli ultimi eventi politici per la formazione del governo esecutivo hanno allarmato animi e menti di molti, intellettuali e persone comuni.

Repubblica deriva dal latino, Res Publica , cosa pubblica, cosa di tutti noi

Eppure mentre sembrano coinvolgerci anche più del necessario nelle loro beghe per il potere, in realtà la nuova casta si sta installando a dispetto di tante dichiarazioni di cambiamento.

La psicologia che dice?

La psicologia è il cambiamento nel senso che gli psicologi sanno e possono favorire cambiamenti nelle persone e nei gruppi e quindi nella collettività.

Chi non è psicologo sa determinare e gestire il cambiamento sano, proficuo, intelligente, virtuoso?

In quanto psicologa ho forti riserve, ben sapendo che il cambiamento incontra solide resistenze dall’interno per la persona perché la natura umana di adattamento cerca la stasi e tutte le attività sono guidate dalla ricerca più o meno consapevole di sciogliere tensione.

Vogliamo “acquietarci” di nuovo nell’omeostasi, cioè all’originario punto di equilibrio.

Il cambiamento è un “lavoro” per l’organismo psichico e mentale e solo in presenza di forte motivazione e di varie circostanze favorenti si instaurerà.

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