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Psicoanalisi costi

La psicoanalisi oggi, in tempi di crisi diffusa anche economica, costa troppo?

Cerchiamo insieme le risposte possibili attraverso riflessioni ampie su un tema così complesso:

la crisi in cui siamo immersi da qualche anno è ANCHE economica.

Non soltanto economica perchè versiamo in un fattore critico più generale. Si svuotano le tasche di energie, prima ancora che di soldi. Si svuotano le menti di progetti, di idee e di sogni.

Il denaro simbolicamente inteso è un mezzo per diffondere energie, dinamicità e vitalità della psiche.

Certo che potremmo farne a meno, se ragioniamo su altri piani, come quello dello Spirito o della traiettoria del proprio Sè.

Qui però ragioniamo sul piano della quotidianità e il denaro resta una variabile molto concreta.

Ci stavamo dunque chiedendo se, oggi, il trattamento psicoanalitico sia caro.

Caro all’anima, caro al sentire delle emozioni, nel senso affettivo lo è di certo.

Nel senso economico è indubbio che comporti esborsi di cassa che producono una spesa mentre, tuttavia, aumentano il Capitale culturale.

La psicoanalisi è ad elevato valore simbolico perchè crea valore.

E’ tra le poche cose che ancora sono capaci di creare valore.

Come fa?

Innanzitutto crea una relazione di qualità, in cui ci si addestra alla fiducia mentre si valorizza l’immagine che si ha di se stessi.

Crea valore perchè crea una relazione di qualità e contribuisce ad aumentare il patrimonio immateriale della persona.

Porta unicità perchè ogni rapporto umano che sancisce, sviluppa e con sollecitudine accompagna, è unico ed esclusivo, in nulla somigliante ad altri.

la psicoanalisi si inserisce in una eredità storica che ne garantisce l’accuratezza, così rara in questi tempi governati da pressapochismo.

Ancora sottolinea il luogo, in tempi di non-luoghi, come temenòs in cui lasciar accadere i sommovimenti della psiche, protetti dal luogo stesso.

Costoso dare spazio e luce al proprio Sè, assetato di ascolto accurato?

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L’avvento

che cosa è?

L’avvento esprime un avvenimento speciale e nella tradizione liturgica cristiana è riferito alla nascita del Bambino Divino.

quando è?

Si conclude il 24 dicembre data convenzionalmente accettata da secoli ed inizia il primo giorno del mese.

Nella devozione religiosa ogni giorno è scandito da preghiere, meditazioni sacre, pensieri spirituali.

Lo scopo di tutto ciò? 

Oggi è possibile rintracciarne un sapore di attesa consapevole e recuperato in un significato psicologico più ampio rivela aspetti utili. 

ci conduce secondo una consapevolezza profonda di ciò a cui diamo fede, parteciando all’esperienza anche se è sostanzialmente simbolica.

Cioè sta per qualcosa di altro, rispetto al significato letterale. 

Da piccoli si parte dal significato letterale perchè ancora siamo nel periodo di pensiero pre-operativo ed operativo, non ancora astratto o simbolico.

Così il significato letterale racconta la lieta novella di una nuova vita, una nascita divina, che avviene in termini miracolosi, tra svariate avversità contingenti ma accolta nel giubilo più totale.

La gioia di questo evento non ha confini geografici nè di altro tipo: esprime un concetto ad alto contenuto simbolico e perciò capace di attivare contenuti psichici molto potenti.

Gli archetipi portano a riflettere sull’avventoo, dicevamo, di un Puer aeternum, un Bambino Divino che ha in sè ogni potenzialità immaginabile ed inimmaginabile.

Diventerà da adulto capace di operare miracoli, infondendo spirito alla materia, e materializzando i desideri. La realizzazione dei desideri. 

Si tratterà niente meno che di una emanazione diretta del Principio divino, come figlio di Dio …. e il resto è storia ben nota.

Siamo molto distanti nel tempo dagli eventi che diedero vita a queste energie della psiche e le tradizioni generano riti e consuetudini che hanno lo scopo di mantenere viva e lieta la memoria.

L’Avvento ? ecco il Calendario dell’avvento.

Calendario dell’avvento con una casella per ogni giorno di attesa prima del natale

E’ una tradizione scolastica che piace anche ai genitori che con i piccoli preparano o comprano questi cartelloni con le finestrelle da schiudere in attesa, una per ogiorno, dall’1 al 24 dicembre.

Sta diventando una ghiotta occasione commerciale e calendari dell’Avvento racchiudono oggi costosi prodotti che dello spirito originario conservano poco..

 

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M. L. Von Franz

Su M. L. Von Franze si è tenuto poco tempo fa un convegno a Roma molto interessante.

Molto interessante per la partecipazione di studiosi della più celebre allieva di Carl Gustav Jung, arrivati a Roma dalla Svizzera, patria dei grandi della psicologia analitica.

Si celebravano i venti anni dalla scomparsa della  M.L.Von Franz ricordando i suoi punti salienti.

Il giornale Vogue le fece un’intervista ancora molto attuale e da questa riporto qualche stralcio illuminante:

 When Marie Louise Von Franz was an eighteen – year – old student, she met Carl Gustav Jung.

All she knew about him was that he was a famous psychologist.

What she knew of psychology  came down to the way a teacher had thought Hamlet with a freudian explanation and Faust with a junghian explanation.

A decisive turn into the conversation came when Jung told the group of student who’d come to see him about a female patient :

that patient had had a vision of being on the moon.

Questo incipit mi è parso alquanto sugestivo e volentieri riporto qalche altro brano dell’intervista, per gentile concessione della redazione che ne ha divulgato copia.

Intanto possiamo dire che la M.L. Von Franz in quegli anni era creatura alquanto razionale.

Lei stessa dice all’intervistatore di aver pensato ” but she wasn’t on the moon” !

Splendida la risposta di Jung che, guardandola negli occhi , come lei stessa ci dice, le rispose “Yes, she was”. 

Queste sintesi linguistiche sono tra quelle che a me fanno amare molto la lingua inglese.

E con ciò lo psichiatra svizzero le sintetizzò che ciò che accade psichicamente è reale, anche se ancora nessuno è mai andato sulla luna, a quel tempo .. e ciò che accade fuori può essere secondario, come conseguenza di quello.

La sera racconta l’autrice di aver pensato che le sarebbero occorsi almeno dieci anni per digerire questa impostazione che le aveva suggerito that old man ma poi ci dice che it took me all my life dove it è naturalmente riferito alle parole ascoltate.

 

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ft studium

Ho dato al mio studio di psicologia e psicoterapia il nome di ftstudium.

Perchè?

Facili latinismi per dare un tono di scientificità?

No, la risposta è un’altra.

Vediamo l’etimologia, che sempre aiuta nella comprensione:

dal lat. studium ‘applicazione, zelo, amore, passione…’; connesso con il verbo lat. studere ‘applicarsi a, dedicarsi a, studiare, desiderare’ (exercere studia ‘dedicarsi agli studi’).

Ne consegue per studiare il significato di ‘fare oggetto di applicazione mentale costante e metodico una disciplina, un argomento, un’arte o una tecnica al fine di apprenderla, valendosi del sussidio di libri o di altri strumenti, spesso sotto la guida di un insegnante’

Ecco che la spiegazione mi è parsa la vera essenza del mio lavoro con i miei pazienti di sempre:

porre passione  e dedizione nello studiare, da parte mia, per mantenere sempre approfondito e aggiornato il mio contributo alle persone che chiedono il mio intervento.

e sia applicazione, da parte dei pazienti che frequentano il mio studio, di quanto andiamo insieme ragionando.

Lasciamo da parte il latino per ricordare che nella nostra lingua italiana studiare concentra in sé i nuclei fondamentali che hanno caratterizzato l’antecedente latino fin dalle prime attestazioni: passione, assiduità, applicazione, pratica, dedizione profonda, desiderio (di imparare).

Il tutto finalizzato alla conoscenza.

Le altre accezioni del termine (‘impegno, cura in un’attività, in un obiettivo che ci si prefigge’ così come il significato di ‘ricercatezza, artificio’ ad esempio nel vestire, nel comportarsi in un certo modo, o come quello di ‘gesto calcolato’) sono da ritenersi secondarie.

Queste premesse ci raccontano un senso profondo di accoglienza, verso chi bussa alla porta del mio studio, per procedere insieme a “studiare” il percorso migliore per il paziente.

Ogni vita, periodicamente, ha bisogno di un punto di sosta per riflettere e disegnare la nuova via che le circostanze nuove richiedono:

un’analisi junghiana a mio parere resta più che mai oggi la via elettiva.

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Affetti

Cosa vuole significare in psicologia la parola “Affetti ” , “affettività” ?

Può sembrare una ovvietà ma non lo è.

La psicologia attribuisce significati specifici ai termini che fanno parte del proprio gergo, sia esplicativo che terapeutico.

E così succede che dallo psicologo sentiamo parlare a volte di “Complesso affettivo” oppure “Complesso a tonalità affettiva”.

Non si intendere qui il semplice sentimento positivo, di amore o di  affetto che proviamo verso persone care.

E’ un concetto più complesso che gia Freud e sulla stessa scia anche Jung hanno utilizzato descrittivamente.

Per descrivere cosa? 

Descrive uno stato emotivamente attivo, è  usato anche come sinonimo di Emozione e come tale non è possibile controllarlo.

Invece i sentimenti come li intendiamo comunemente possono essere controllati, possiamo pensare per esempo alla rabbia.

Quando un affetto  nel  senso sopra detto esplode, la persona ne viene invasa e si ha una temporanea sopraffazione dell’Io da parte appunto della tonalità affettiva.

L’affetto si produce nel punto in cui siamo più deboli nel processo di adattamento dell’Io e nello stesso tempo ci spiega anche la ragione della debolezza.

A questa considerazione giunse Jung agli inizi dei suoi studi con i primi esperimenti di associazione verbale.

L’affetto rivela la forza e la natura dei valori psicologici della persona e se viene toccata una ferita psichica viene immediatamente uscitato l’affetto corrispondente.

In questo modo durante un’analisi psicologica ad orientamento psicodinamico, cioè che svela i tratti inconsci della personalità, quando compare un affetto in forma di emozione e / o sentimento carico, l’analista riesce a risalire ad una ferita psichica che spesso la persona nemmeno sa di avere.

Purtroppo conosce soltanto gli esiti di tale ferita e ne soffre spesso tremendamente, senza riuscire a darsi un perchè.

Questo uno dei motivi per i quali è indicata una analisi psicologica quando la sofferenza non ha un perchè, ricordando che se Freud ricercava soprattutto il “perche” come motivo originario, Jung ricercava il “perchè” come finalità. 

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Archetipo dello Spirito

Rileggendo Jung a proposito dello Spirito trovo passi interessanti che condivido qui con voi, dalle sue parole, che cito testualmente:

Devo porre una domanda al razionalista illuminato: la sua ragionevole riduzione ha portato a un benefico dominio sulla materia e sullo spirito? 

Egli accennerà con orgoglio ai progressi della fisica e della medicina e alla liberazione dello spirito dall’ottuistà medioevale;  da cristiano benevolo anche alla redenzione dall’angoscia dei demoni.

Ma noi domandiamo ancora:

a che han portato tutte le conquiste della civiltà?

la tremenda risposta sta davanti ai nostri occhi: non siamo liberati da alcuna angoscia, un tenebroso incubo pesa sul mondo.

La ragione è finora miseramente fallita e proprio ciò che tutti vogliono evitare accade con orribile progressione.

Lottando, l’uomo ha fatto conquiste prodigiose nel campo dell’utilità ma per questo egli ha anche spalancato l’abisso del mondo e dove si fermerà?

dove potrà fermarsi?

Dopo l’ultima guerra mondiale si è sperato nella ragione e vi si spera ancora ma già si è affascinati dalle possibilità della fissione dell’uranio e ci si propone u’età dell’oro: il mezzo migliore perchè crescano smisuratamente gli orrori della devastazione.

E chi compie tutto ciò?

il cosiddetto innocente, ingegnoso, inventivo, ragionevole spirito umano che purtroppo è inconscio nella sua parte oscura.

Ma niente psicologia che potrebbe portare all’autoconoscenza !

Piuttosto guerre delle quali è sempre colpevole l’Altro mentre nessuno vede che tutti fanno come ossessi quel che si fugge e si teme.”

Questo estratto da un testo più ampio di ricerche scritto da Jung nella seconda metà degli anni 40 del secolo scorso, porta il titolo “La Simbolica dello Spirito”.

Non è sorprendente come possa risultare attuale dopo quasi ottanta anni?

non siamo cambiati da allora?

non è questa l’osservazione, è cambiata la società, i costumi, molto dell’animo delle persone, dello Zeitgeist direbbe C.G.Jung ma lo Spirito resta una componente complessa della organizzazione psichica umana della quale ancora molto abbiamo da comprendere, nonostante mole di studi e ricerche vastissime da parte di ogni cultura.

senza forma ma forte energia manifesta l’archetipo dello Spirito, onnipresente nei tempi e nelle culture

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Psicoanalisi o psicoterapia breve?

La psicoanalisi rischia di diventare obsoleta.

Tra poco forse anche la psicoterapia.

Perchè?

Perchè siamo da decenni dentro un tempo che tra i suoi Dei annovera la Velocità e la Fretta.

Tutto e Subito, attenzione! non il preferibile e più sano Qui e Ora …

Entrare in contatto con gli elementi della Psiche non può essere un desiderio o un bisogno orientato dagli schemi della Velocità.

Schemi molto spesso tiranni, a guardar bene.

Perchè?

Perchè seguono logiche distanti dal Benessere delle persone, dal delicato e fragile equilibrio psicologico.

La Psiche ha i propri Tempi, fatti di Crescita e di Sviluppo Personale.

La Psicoanalisi non forza MAI questi tempi naturali, non usa indagini nè forzature che la psiche percepisce come violente.

Avete mai provato ad essere sottoposti alle domande cosiddette “potenti“?

Sono domande ideate con lo scopo di scardinare le difese che una mente – spesso sanissima – ha eretto con fatica per tutelare i propri punti di debolezza.

Ci sentiamo a disagio difronte a tali domandi, spesso.

La psicoanalisi ha cura estrema di queste fragilità umane e tiene in grandissimo conto il processo con il quale una persona ha edificato le proprie difese psicologiche.

Se risultano inadeguate al buon funzionamento psichico e, in ultima analisi, al raggiungimento del benessere personale, una buona psicoanalisi non forzerà mai il crollo delle difese ma ne avrà cura per comprenderne la logica e il nesso con gli accadimenti di vita di quella persona.

Come si può dire che una psicoanalisi sia “buona”?

Lo è sempre quando è condotta da uno psicoterapeuta analista adeguatamete formato, che ha completato i duri anni di apprendistato fatto di studi, tirocinio, supervisione, analisi didattica, prima di trattare i pazienti che a lui si rivolgeranno.

Attenzione pertanto ai tentativi di aiutare la mente guidati dalla fretta e dalla velocità, a tutte le correnti di pensiero del “tutto e subito” applicate anche alla mente, che per propria natura richiede tempo, pazienza e sollecita attenzione diversa per ogni persona

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Bisogno di Psicologia

 

Hai  “bisogno di psicologia”?

 

Forse è un bisogno nuovo, non classificato così nelle nomenclature ufficiali.

 Psicologia come bisogno è presente nelle persone fin dalle epoche più antiche, riflette la ricerca incessante di equilibri sfuggenti.

La mente spesso sperimenta disagi, stati di insofferenza anche lievi e cerca risposte risolutive.

Prova facilmente tensione interiore ma vorrebbe sentirsi bene, in equilibrio, carica di benessere autopercepito

Le risposte si cercano nei vari campi della conoscenza umana, scienza medica, cure naturali, esperienze diverse, filosofia, religione.

Fin dall’antichità si cerca continuamente la risposta efficace per rispondere al proprio bisogno di psicologia

La psicologia è efficace in questa ricerca?

Senza dubbio sì, come scienza che studia il comportamento e i processi del pensiero ed oggi specializzata in ogni settore inerente la vita umana.

E in qualsiasi attività umana è primaria l’attività psichica, come ci ricorda James Hillman quindi dalla psicologia non si può prescindere quando si cerca di vivere al meglio possibile.

Quale è la natura del problema ?

Per rispondere è necessario saper diagnosticare e definire cosa allontana le persone dallo stato di equilibrio.

Una volta definito questo la psicologia è in grado di offrire un programma di intervento che tratti il problema al fine di risolverlo.

Tutti i problemi si possono risolvere?  

 

I problemi si possono meglio definire, cercare di comprendere cosa stiano dicendo al corpo, alla persona, alle relazioni che intreccia.

Moltissimi disagi si possono affrontare e migliorare, molto dipende dalle situazioni specifiche, dal “tandem” che si crea tra il curante e il paziente:

riflettere insieme, cercare strategie utili, confrontarsi lungo il percorso, comprendere quali simboli si attivano, quali comunicazioni inconsce la psiche cerca di inviare alla mente cosciente è una parte del cammino psicologico.

Dove ci condurrà questo cammino?

Ci condurrà lungo il Processo di Individuazione, per dirla con le parole di Jung, per completare la propria personalità, diventare ciò che siamo pronti ad essere affinché ogni nostra potenzialità sia realizzata.

Proseguiremo questa riflessione nel prossimo articolo.

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Jung, i fondamenti

 

Chi è Carl Gustav Jung?

Per i più giovani con lo sguardo incollato al telefonino Jung rischia di essere un nome del tutto sconosciuto.

Cercherò di definire dal suo vasto corpus teorico, frutto di studi e ricerche approfonditi come pochi, i nomi che nella pratica clinica di psicologi incontriamo tra i disturbi delle persone che vengono a consultarci.

Innanzitutto Jung parla di psicologia psicodinamica, cioè basata sulla parte inconscia della psiche, non immediatamente accessibile alla coscienza. Ricavabile tuttavia dalle sue manifestazioni attraverso sogni, fantasie, immaginazione, sintomi, lapsus linguae, atti mancati, opere artistiche, elaborati della mente creativa.

Iniziamo dal suo concetto di Inconscio, che non prescinde da quello da lui definito Inconscio Collettivo:

se il primo si riferisce all’esperienza personale di ciascun individuo,  l’altro è l’insieme di elementi che la psiche ha ereditato come modelli  a priori.

Per esempio:

trame mitologiche,  motivi e immagini che in ogni tempo e luogo possono formarsi indipendentemente da tradizioni e migrazioni storiche.

All’Inconscio Collettivo facciamo risalire, secondo questa impostazione metodologica, motivi universali rintracciabili nelle religioni, nelle leggende, nel folklore, nei miti.

Attraverso i simboli universali si esprimono istanze psichiche dell’umanità intera.

Una loro giusta lettura permette di comprendere molti comportamenti e azioni, a livello di masse ad esempio, altrimenti ben poco spiegabili.

Per giusta intendiamo una interpretazione capace di tenere in debito conto questo sfondo che agisce sul piano inconsapevole e tuttavia detta legge, in molti casi, per determinare comportamenti.

Per giungere a queste ipotesi di lavoro e di pensiero Jung, da medico e psichiatra, ha amplificato il proprio campo di coscienza e ha dedicato la sua vita (1875-1961) a studi comparati tra fenomeni che nei secoli si sono imposti.

Tra questi studi l’alchimia medioevale ha occupato un posto di primo piano per Jung.

Gli ha permesso di ritrovare gli stessi meccanismi e fasi psichiche attivi nell’uomo del XVI secolo  e nell’uomo di oggi, mutatis mutandis, come compaiono nei sogni, o nei disegni spontanei, attraverso simboli da interpretare.

Quale è lo scopo degli uomini di allora e di oggi?

Sempre la ricerca della felicità

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Psicologia Analitica

Tra le teorie dell’Inconscio, la psicologia analitica  è il corpus teorico del pensiero sulla psiche proposto da C.G. Jung.

Comprende alcuni punti cardine intorno ai quali si sono sviluppati  pensieri, riflessioni, ricerche e modelli teorici per il lavoro clinico sull’inconscio

Qualisono  le caratteristiche della psicologia analitica?

Oltre le 4 funzioni psicologiche di cui abbiamo già accennato nell’articolo precedente su questo blog, il concetto di Inconscio Collettivo è uno dei concetti più celebri.

Di cosa si tratta?

E’ un aspetto inconscio che non è solo personale perché non ha contenuti individuali, tipici e unici di una persona. Invece ha contenuti diffusi universalmente allo stesso modo.

Jung ci dice che i fatti inconsci più sono profondi e oscuri e più perdono la loro singolarità  individuale.

Assumono un carattere sempre più collettivo. In questa dimensione che Jung definisce Inconscio Collettivo troviamo gli archetipi e gli istinti.

Dalle parole di Jung in una conferenza a Londra del 1935:

“tutto ciò che so ma a cui al momento non penso;

ciò di cui una volta sono stato cosciente ma che ora ho dimenticato;

quello che i miei sensi percepiscono ma la mia coscienza non nota;

le cose che sento, penso, ricordo, voglio e faccio senza intenzione e senza farci attenzione, cioè inconsciamente;

 le cose future che si preparano in me e verranno alla coscienza solo più tardi”.

Tutto questo è il contenuto dell’inconscio.

Ma al di là di questo troviamo nell’inconscio non solo le qualità acquisite individualmente ma anche quelle ereditate, dunque gli istinti, come impulsi a compiere azioni senza una motivazione cosciente.

Il concetto di Inconscio Collettivo ha permesso a Jung di affiancare ai processi psichici di un singolo individuo molti elementi tratti da un contesto più ampio che si ritrova in ogni tempo e ogni cultura, attraverso miti, leggende, folklore, alchimia, mitologia e religione.

La psiche umana diviene così patrimonio collettivo che si eredita dai nostri avi, in alcuni tratti, accomunandoci a popoli e tempi anche molto lontani da noi in un quadro concettuale in cui riconoscere alcuni tratti della  nostra esperienza esistenziale e meglio comprendere alcune emozioni, paure, scelte, percorsi.

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