PSICOLOGIA, FELICITA' E HOME THERAPY
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Peso forma

Il peso forma è l’espressione di una dato ponderale relativo a condizioni del corpo complesse.

Tra queste condizioni troviamo il metabolismo, l’età della persona, il genere, le sue abitudini alimentari, l’attività fisica, le condizioni generali di salute.

In questa stagione estiva il peso forma diventa un pensiero per molte persone che durante l’anno ne sono anche poco interessate.

Ci sono coloro che ci pensano spesso nella propira vita e stagione perchè desiderano aumentare o diminuire il proprio pesso indicato dalla bilancia.

Queste persone sono molto spesso insoddisfatte della propria forma corporea e questo si traduce con l’insoddisfazione del proprio sex appeal, della taglia di abiti, dell’impressione che si produce sugli altri.

E ci sono coloro che in estate ci pensano maggiormente: il caldo toglie appetito, alcuni cibi energetici come i gelati o fresche bibite poco salutari si evitano a fatica. Si vorrebbe sentirsi più leggeri ed apparire esteriormente meno appesantiti.

Si sa che i canoni dell’epoca guidano i comportamenti in modi poco saggi.

Non ultimo, il periodo estivo espone maggiormente il proprio corpo alla vita all’aria aperta e inevitabilmente agli sguardi altrui.

Ho potuto frequentare il centro nutrizionale di un noto ospedale cittadino.

Sono rimasta sfavorevolmente impressionata dallo scarso interesse dedicato agli aspetti emotivi del peso forma.

Gli esperti del peso forma intanto sono tutti sovrappeso vistosamente.

Certo non è giusto nè democratico discriminare, quando si assume in un posto di lavoro però viene da riflettere su quanto siano capaci a portare le persone al peso forma.

Non ascoltano il cittadino che riferisce di mangiare quando è agitato, o preoccupato o triste.

Prescrivono alimenti e quantità (abbondanti !) incuranti delle emozioni legate al cibo.

Affermano che il cibo “é convivialità” a persone che col cibo ingaggiano una guerra privata tre volte al giorno …

Parliamone insieme allo psicologo, sarà una piacevole sorpresa….

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FELICITA’

FELICITA’  forever, per tutti.

Davvero?

Sì, si può imparare come già indicavano i filosofi antichi.

Epicuro, Montaigne, Kant sono solo alcuni che lo profetizzavano nel proprio tempo.

Tutti i pensatori, antichi e moderni si sono occupati del tema della Felicità, dello stato d’animo ambito da sempre e da tutti: assenza di preoccupazioni, di paure, di angosce varie.

Che cosa vuol dire “essere felici”?

 Si può esserlo sempre o solo a tratti, come un raggio del sole quando attraversa le nubi?

A metà ‘ 900 Theodor Adorno diceva che ci rendiamo conto di essere felici solo quando la felicità è già passata.

Per Montaigne un’arte della felicità duratura esiste e si può imparare.

Platone appartiene ad un tempo in cui l’idea di felicità era più semplice di oggi: una vita buona spesa alla ricerca di saggezza e virtù, come risultato portava dritto alla Felicità.

Nelle Massime capitali Epicuro riassume: “Non potrai vivere felicemente se la tua vita non sarà saggia, bella e giusta e la tua vita non potrà essere saggia, bella e giusta se sarà senza felicità”.

In altre parole, diamoci da fare per sentirci felici,

La strada appare tuttavia tortuosa alquanto perché il concetto stesso di virtù oggi è decisamente alterato, come risultato tanta confusione.

Paul Watzlawick nel suo “Istruzioni per rendersi infelici” indica nella ricerca ossessiva della felicità, la strada più diretta per ottenere il contrario.

Allora che dobbiamo fare?

Abbondano strumenti oggi come ieri per indicare percorsi alternativi e non è un male; a volte le informazioni superano la nostra capacità di assorbirle e farne tesoro, lasciandoci smarriti in overload informativo e recuperare il nostro granello di sale, come dicevano i latini, aiuta sempre e in ogni caso.

Scriveva Josè Ortega y Gasset che “l’uomo vive a partire da una filosofia e dentro di essa; erudita o popolare, propria o altrui, vecchia o nuova, geniale o stupida. In ogni caso il nostro essere affonda sempre saldamente le sue radici dentro una filosofia”.

Scrivimi a proposito della tua felicità, ci sono molti segreti da raccontare …

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ANSIA E LAVORO

Avete mai pensato in quale misura le nostre attività quotidiane influiscono sullo stato di ansia?

Qui vi dico come influiscono:

Partiamo dal fatto che l’ansia è un fenomeno normale di cui tutti facciamo esperienza in modi variabili da persona a persona.

L’ansia si potrebbe dire un aspetto inevitabile del vivere quotidiano però spesso si tratta di semplice tensione:

accade quando siamo preoccupati fino a trovarci tesi e in apprensione per eventi futuri.

Come non preoccuparci troppo

Se riusciamo a dedicarci ad un lavoro appassionato da fare con le nostre mani mentre sentiamo avvicinarsi il temuto stato di ansia, possiamo contruibuire a frenarlo, in molti casi a dissolverlo.

come è possibile?

Accade perchè l’ansia è un fenomeno complesso universale, appartiene alla sfera delle emozioni, si sperimenta come l’attesa di qualcosa di spiacevole e indefinito.

Ma portiamo la nostra attenzione su un lavoro manuale e la mente si trovarà ad occuparsi di una cosa diversa.

Cosa accade in questo caso alla mente?

Viene spostato il focus attentivo con conseguente concentrazione dell’attività cerebrale sul nuovo “compito” che ci siamo dati.

Proviamo a capire meglio:

possiamo tornare a una raffigurazione didattica, che si studiava in psicologia fisiologica e si chiama Omunculus motorio.

Di cosa si tratta?

è un modo visivo, un visual thinking si direbbe oggi, per mostrare quali aree del cervello sono coinvolte nelle varie parti del corpo e tutto ciò che le riguarda, come dolore, piacere, attivazione nervosa, calma.

Queste aree cerebrali sono rappresentate come una sorta di bizzarra figurina umana, sulla corteccia cerebrale, con alcune parti grandi e altre più piccole, corrispondenti alle zone del corpo considerate.

Le mani e tutto ciò che le riguarda sono nel nostro omuncolo grandissime, specie i polpastrelli e questo perchè molta parte corticale è interessata a ciò accade alle mani.

Lavorando in punta di dita quindi attiviamo una vasta area della nostra corteccia cerebrale, concentriamo la nostra attenzone sul lavoro che stiamo svolgendo con le mani e lo stato di tensione diffusa che chiamiamo ansia si scioglie progressivamente.

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indicatori d’ansia

indicatori d’ansia permettono di capire di cosa stiamo soffrendo, si tratta di una accentuazione della sensazione di paura, anche se non viene identificata necessariamente in questo modo.

ci sono indicatori d’ansia che possiamo imparare:

Sentirsi agitati, in tensione come se ci fosse un pericolo, questo è un indictore d’ansia

Questo senso di minaccia si esprime con molte sensazioni avvertite sul corpo perchè ci sono correlati fisici alla sensazione emotiva.

Il linguaggio corporeo deve essere inteso bene altrimenti diventa esso stesso fonte e motivo di preoccupazione.

Nello stato di ansia sono indicatori:

variazioni del ritmo del respiro che diventa accelerato

palpitazioni

vertigini, nausea

cefalea

bocca secca (utile per molte persone bere piccoli sorsi di acqua semplice e non gelida, lentamente)

nodo alla gola

dolori muscolare (parti del corpo sembrano bloccarsi)

oppressione gastrica o toracica

sensazione di sbandamento

confusione

calore o brividi di freddo

affanno.

Importante ricordare che queste sensazione non sono pericolose, in nessun caso.

Altresì sono altamente fastidiose a volte dolorose e in ogni caso difficili da tollerare. Si tratta comunque di sensazioni spiacevoli che tuttavia possono essere tollerate, fino a che non vanno via.

E la buona notizia è che vanno via.

Giova a tutte le persone che soffrono di crisi di ansia o della sua più forte manifestazione che è l’attacco di panico, rivolgersi ad uno psicologo.

Non al pronto soccorso, non allo psichiatra. O meglio lo psichiatra potrà prescrivere farmici che alleviano la condizione sofferente, trattando il prooblema come una malattia da estirpare.

La psicologia invece tratta l’ansia come un segnale, per quanto sgradevole, come un segnale da capire prima di tutto, prima di eliminarlo. Capire cosa vuole dirci attraverso il corpo, quale è la cosa che non va nella mente, nella psicologia personale del soggetto.

I vari tipo di psicoterapia a disposizione sono tutti validissimi nel risolvere i problemi legati all’ansia; la psicologia junghiana accompagnerà la persona a scoprire dentro di sè la soluzione personale al problema più ampio che si cela sotto l’ansia, confrontando i sogni, l’inconscio, i simboli di trasformazione che chiedono di essere ascoltati per promuovere il felice cambiamento della persona.

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senza ingrassare

Senza ingrassare mangiucchiando fuori regole piacerebbe a molte persone.

Cito qui stralci dal bel libro “Il piacere della Frugalità”, tradotto dal francese a cura della casa editrice Vallardi, che volentieri si occupa di temi legati al benessere.

Un benessere che possiamo facilmente procurarci con le nostre mani e con la nostra bocca.

uno scoiattolo nella neve gusta un frutto rosso goloso

Scrive Dominique Loreau, l’autrice, che […] non bisogna colpevolizzarsi se si fanno degli spuntini.

L’antidoto al senso di colpa è accettare le proprie “trasgressioni”, prenderne atto e cercare di imparare proprio da esse.

A questo scopo occorre mangiucchiare a regola d’arte.

COME SI FA?

Preparatevi sempre un tè quando aprite una confezione di biscotti e, anche se avete intenzione di mangiarne solo due (però vi conoscete, vero?), metteteli su un bel piattino.

Può darsi che questa “messa in scena” vi aiuti, con vostro stupore, a non finire tutto il pacchetto, a non avere la sensazione di esservi abbuffati bensì quella di aver trascorso un momento piacevole.

Se vi coglie la smania di una fetta di formaggio o di salame, fate la stessa cosa: prima sistemate tutto su un vassoio, poi affettate il pane, preparate la vostra bevanda preferita, infine sedetevi e lasciatevi andare.

Mangiate con calma e soprattutto lentamente, perché quello è l’unico modo per distendersi.

Tuttavia tenete sempre a mente questa frase: “non ci si sente più felici dopo aver mangiato”.

Non dimenticate inoltre che assumere una nuova abitudine è sempre difficile ma immaginando che sia facile ci si rende il compito molto meno arduo.
Se le abitudini sbagliate sono una seconda natura, possono diventarlo anche quelle corrette!

Tornando alla psicologia e pensieri troppo frequenti intorno a come ci alimentiamo, quanto pesiamo, forse stiamo ingrassando ecc. consiglio vivamente la lettura piacevole di questo libro, correttissima dal punto di vista dello psicologo esperto in disturbi alimentari.

Senza ingrassare mangiare con gusto si può e parte sempre dal nostro modo di approcciare la nostra nutrizione!

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disordine domestico e ansia

L’ansia e  disordine domestico potrebbero essere due opposti: chi sente ansia, cerca di fare ordine, a volte compulsivamente, a volte ossessivamente.

Consideriamo il disordine domestico come una difficoltà psicologica della mente nel dare funzioni al proprio spazio: perchè quell’ambiente si riempie di troppe cose? a cosa servirebbe in origine quello spazio?

Quando il funzionamento psicologico, a volte sopraffatto da eventi o emozioni difficili, non riesce a mantenere la funzione e lo scopo degli  ambienti domestici, si può avvertire un disagio, una tensione nervosa, un malumore. Lo chiamiamo  ansia.

Ed ecco allora perchè possiamo accostare ansia e disordine domestico: la mancanza di ordine esterno riflette come uno specchio sporco un disordine interiore, tra desideri e realtà, tra aspettative e delusioni, tra immaginario e senso pratico.

Si accumulano tanti frammenti tra  ricordi, oggetti in cui proiettiamo possibilità future, cose che non servono, cose che non siamo sicuri a cosa potrebbero servire.

Va smarrita la funzione delle cose, il loro scopo.

La prima cosa da chiedersi allora, se vogliamo affrontare il disordine domestico e la conseguente ansia è:

a cosa mi serve questa cosa? mi rende felice?

In Home Therapy ci occupiamo anche di queste operazioni preliminari, per raggiungere poi il vero benessere abitativo.

Ambiente caotico è luogo che chiede aiuto, che ha perso il suo senso vero. E’ luogo in cui non circola aria, si potrebbe anche dire.

Oggi si ama dire “energia” mutuando il termine dalla fisica anche se spesso non ci è ben chiaro il suo significato, quindi uso con molta cautela questo termine.

Comunque nei nostri spazi abitativi si sente dire che circola poca energia o cattiva energia, per riferirsi ad una forza che attivi e mantenga movimento e vitalità. Una forza lavoro perchè la casa, magari ci appare inerte ma in senso molto lato e figurato essa “lavora” per noi.

Home Therapy ci spiega in che modo…

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PSICOPATIA e amigdala

Psicopatia è molto diverso da psicopatologia.

Una persona psicopatologica infatti non è uno psicopatico.

Perchè parlarne? C’entra l’amigdala ?

Perchè lo psicopatico è una creatura umana molto pericolosa anche se non delinque in modo diretto, può non essere un criminale ma in ogni caso soggiace ad un funzionamento mentale pericoloso.

Per fare un esempio la coppia tristemente famosa di Erba (ricorderete) è una coppia di psicopatici.

Direte: ma cosa ci importa? io non conosco psicopatici! la mia amigdala probabilmente funziona bene! 🙂

Ebbene i numeri della statistica ci dicono che c’è uno psicopatico ogni cento persone, è un dato enorme. Dove li troviamo, nello studio dell psicoterapeuta?

No, lì no perchè non ci vanno.

In carcere ce ne sono pochissimi in proporzione perchè spesso non commettono crimini diretti o non è semplice trovarli e arrestarli.

E allora dove stanno? triste a dirsi ma sono in mezzo alla popolazione normale, pericolosi tra noi.

Dicevamo all’inizio che lo psicopatologico può essere ognuno di noi con un funzionamento mentale che scivola, a volte solo temporaneamente, nella malattia mentale. E’ una persona sofferente e disfunzionale.

Invece si può parlare di psicopatia quando il comportamento della persona non crea sofferenza al soggetto ma a coloro che sono stati presi di mira.

Perchè lo fa? l’eziologia fa risalire a cause diverse e diverse teorie il punto d’innesco della psicopatia. Per alcuni pare che sia di ridotte dimensioni l’amigdala, il nucleo  amigdaloideo, che è la ghiandola che gestisce le emozioni tra cui la paura.

Certo è che alcune emozioni non possone essere esperite dalla persona psicopatica e tra queste emozioni non possibili c’è il rimorso, il senso di colpa, il senso morale.

Manca la capacità di riconoscere sul volto dell’altro alcune emozioni, come la richiesta di pietà.

In buona sostanza è la differenza tra il bene e il male che non si costruisce nella mente dello psicopatico.

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settembre post vacanze

A settembre da qualche anno ogni rotocalco riserva qualche spazio editoriale alla sindrome del rientro dalle vacanze.

Ce ne era davvero bisogno?

Siamo sempre nel rischio che praticamente ogni cosa diventi "moda" nel giro di breve tempo.
Ci sono tuttologi infaticabili sempre al lavoro per dire la loro.

A volte la semplicità aiuta, meglio dell'approfondimento ad ogni costo.
Settembre è uno splendido mese!

Si moltiplicano dalle pagine dei giornali e dalla voce delle trasmissioni televisive e radiofoniche consigli
per affrontare alcuni disagi psicologici e fisici che si presentano a vacanze finite.
Proverò ad affrontare la questione del periodo di settembre come fine delle vacanze da un punto di vista più comprensibile, privilegiando l'aspetto psicodinamico che sempre tenta di comprendere cosa succede alla nostra mente difronte a situazioni nuove.

Per “mente” qui intendo il modo in cui affrontiamo le nostre esperienze di vita, il nostro caratteristico e personale stile di pensiero, potremmo dire così.

Naturalmente è coinvolto il sistema neuroendocrino, i neurotrasmettitori, il livelli plasmatici di serotonina, dopamina e ogni aspetto biochimico della macchina incredibile che è il nostro organismo.

Influenzato anche, nel suo modo di funzionare, dagli aspetti interiori, legati allo spirito vitale che ci contraddistingue finchè siamo in vita.

Per spirito vitale si può intendere la nostra attitudine a rapportarci al mondo più ampio cui apparteniamo, la nostra idea di mondo e di mondi, di infinito e di assoluto.

Queste ultime suggestioni vogliono solo ricordare che coltivare anche questo tipo di riflessioni sviluppa il sentimento di fiducia, di sicurezza e di emozioni positive e vitali.

Sono queste che aiutano non poco il nostro intero organismo ad affrontare con successo i numerosi cambiamenti, piccoli e grandi, che incontriamo sul nostro cammino.

Tornare dalle vacanze è davvero un problema? chiedevo all’inizio. Chiediamocelo tutti, è il mio consiglio, in tempi in cui nel terzo millennio gli esseri umani patiscono in massa vessazioni di ogni tipo, guerre e quanto altro ognuno di noi ascolta dai media.

Un po’ di insonnia, un po’ di malinconia, chi fuma troppo, chi mangia male, chi si sente nervoso… proviamo a sentirci anche piuttosto fortunati ad essere nati nel mondo occidentale …

 

 

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TATUAMI

Tatuaggi, perchè?

Innegabile che spesso siano opere d’arte che l’estate più che mai illuminano e colorano la pelle esposta ala luce della stagione estiva.

Come scegliamo un tatuaggio piuttosto che un altro?

Quale segno grafico ci seduce e ci cattura?

Disposti a modesti sacrifici, di pelle, di accortezze e di denaro, siamo poi entusiasti e forse anche felici ad opera conclusa.

Un’opera al nero, si potrebbe dire con Marguerite Yourcenar? un accenno alchemico?

Sicuramente mistero e magìa nel tatuaggio si celano perchè nasconde un sentire e un sentimento che simbolicamente vorrebbe manifestare, pur nell’ambiguità del tratto che più di qualche volte appare incomprensibile.

Il tatuaggio è un messaggio, si consenta la facile rima.

Una comunicazione a chi guarda, compresi se stessi che ogni giorno lo vedono e lo ammirano e al proprio animo lo sottolineano.

Ne sottolineano l’essenza comunicativa, il valore e la capacità di sintetizzare un mondo intero in un segno, un colore, un disegno.

C’entra l’identità, il nostro sentirci ” a casa” con quel disegno impresso sottopelle che rappresenta qualcosa di noi, qualcosa di significativo al nostro essere più profondo e sincero.

Spesso raffigura qualcosa che non potremo mai dimenticare, data l’importanza che conserva per noi,  eppure sembra indomabile la forza con cui il desiderio di trattenere vicino, si mescola alla perdita:

una persona perduta che vogliamo trattenere oltre il ricordo allo stesso modo di una persona amata e vicina a cui cerchiamo di conferire carattere di eternità.

Il tatuaggio ci riporta all’eterna ricerca di opporci all’impermanenza predicata dal buddhismo, tra le molte tradizioni. Tatuaggio per trattenere vicino, quasi dentro noi stessi.

Non andrà via, resterà ancora più forte vicino e dentro di me, nella mia memoria e nella mia carne, se lo tatuo sulla pelle.

Il tatuaggio nei suoi primordi serviva a segnalare forza e potenza guerriera ai nemici, l’appartenenza al clan.. cosa resta oggi di questi antichi retaggi?

Qual è il tuo parere?

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libro delicato

Il titolo è delicato come la primavera: Un incantevole aprile

Si tratta del titolo accattivante di un bel romanzo pubblicato nel 1922 da una scrittrice che amo molto, Elizabeth Von Arnim,

Questo  è lo pseudonimo di una donna emancipata australiana nata nella seconda metà dell’800.

Cugina di Catherine Mansfield  già questo ci porta all’atmsfera neozelandese, alle atmosfere rarefatte di quelle terre, per noi lontane ma suggestive. Ai nostri antipodi.

Non agli antipodi però questo carattere femminile forte, di donne coraggiose entrambe.

In quegli anni il femminile viveva una condizione sociale fortemente discriminata e alcune grandi scrittrici hanno deciso di raccontare il loro moderno punto di vista.

Un punto di vista vicino al cuore delle donne vere e delle donne immaginate, indomite, forti e piene di idee e di coraggio.

Si spostavano attraverso continenti, in interminabili viaggi via mare, per approdare a Londra, in quegli anni luogo simbolo della cultura e di una forma di emancipazione.

O comunque di possibili affrancamenti dal silenzio in cui l’Anima femminile viveva relegata.

Elizabeth ha dato titolo “Un incantevole aprile” a questo suo pregevole romanzo carico di suggestioni “fiorite” che ci porta dentro la primavera, cuori sensibili e emozioni brillanti come stelle nel cielo primaverile.

una coroncina di fiori freschi tra i capelli è il simbolo della freschezza primaverile

Quattro donne inglesi animano questa storia, scorrevole in apparenza ma sostenuta da una trama delicata e articolata in cui l’amore e la sua capacità di essere “miracoloso” sono il registro principale.

L’animo di queste protagoniste è il nostro animo di oggi, pronto a cercare di farsi rispettare e dolente quando l’amore offerto non viene ricambiato .

La vicenda si svolge in un luogo incantato dalla primavera in una Liguria accesa di fioriture,  in cui le donne, incontratesi grazie all’intraprendenza di una di loro, trascorrono una vacanza per rigenerarsi e ritrovare se stesse.

Per gli amanti del glicine e del sole… 

è questo l’incipit di un annuncio che dà avvio alla storia

 

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