Poesia e poeti incontrano la nostra psiche quando iniziamo l’adolescenza…
Una poesia di Virtudes Monserrat piacerà per le sue note semplici ma illuminanti, tra le letture estive, la riporto di seguito per chi è poeta e per chi poeta non è, una voce di donna spagnola contemporanea:
S’attarda la notte
in una pigrizia inusitata.
Le palpebre già sognano
un gusto di piume. Una pioggia di baci si arrende al riso
ed il lume di candela stenta
ad abbassare la fiamma.
Domani già bussa sulla mussola molle delle tende
e tu ancora indugi
sull’abbandono
del libro schiuso.
La poesia attinge all’inconscio e se per Freud c’è un appagamento del desiderio (“Il Poeta e la fantasia” – 1908) ed un giocare come fa il bambino, giocare con parole e sentimenti, sensazioni ed emozioni e soprattutto simboli, per Jung la poesia esprime in modo diretto ciò che la psicologia complessa (analitica) cerca di comprendere e di spiegare.
La Poesia ricostruisce la realtà e ci offre una nuova visione di essa, sfumata, cantata, sognante: tra le Muse della mitologia ellenica che erano considerate il supremo ideale dell’Arte, Talia e Calliope presiedevano agli inni e ai cantici di poesia gaia ed epica.
Nel tempo i nomi delle muse si sono alternati nel presiedere alle diverse arti.
Teocrito le definisce anche “Pieridi” in quanto nate nella Pieria, una parte della Macedonia ed è curioso e “poetico” osservare che Pieride è anche il nome scientifico che è stato attribuito ad una farfalla che vola tra i cespugli del biancospino, cioè le Muse ispiranti l’arte e la poesia, lievi come ali di farfalla, come farfalla sono cangianti, effimere, ammalianti e spettacolari.
E così è l’arte poetica che promuovono!
Ispiratrici ma anche protettrici queste figure mitologiche del variegato mondo delle Arti umane.
Poetare è quindi fare arte ed è un ‘arte da proteggere , si tratta di un prodotto delicato da custodire e da difendere; ognuno di noi probabilmente si cimenta in momenti particolari della vita nell’arte della poesia, comporre versi o solo lasciare libero il pensiero di esprimersi con logiche diverse dall’ordinario, quasi cantando sommessamente oppure urlando una gioia o una sofferenza immense.
Così l’inconscio si esprime, utilizzando anche la forma poetica, quando le sue istanze sono pressanti e non importa- a chi esprime parti di sé con versi da poeta- che la metrica sia corretta, la stesura realmente ricadente nel canone della poesia vera e propria.
Poetico diviene allora il nostro verso, il nostro canto, la nostra parola, quando a guidarla sono le pulsioni forti del sistema inconscio della mente, toccato da esperienze cariche di emozione: così la poesia ci libera e libera le nostre pulsioni dalla gabbia del quotidiano e dà voce immensa allo spirito che anima la vita
Nel 1917 Ungaretti scriveva così la sua “Mattina”, consegnandone all’eternità la memoria evocativa: